I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

11 ottobre 2009

Ora del decesso

C'è sempre un momento nella vita in cui alcune persone ne escono, e ricostruire a posteriori il come e il perché è praticamente impossibile. Altre volte invece lo vedi succedere e ti senti come costretta a una sciocca contabilità delle mancanze, delle disistime, delle perdite di sintonia, finché il peso della somma diventa intollerabile e non puoi che prenderne atto. Io ho sempre chiamato questo momento il "clic", che è un po' il versante autoptico del "blink".

A differenze di molte persone non riesco a far passare il clic sotto silenzio, a sorridere come se niente fosse e a semplicemente diradare le frequentazioni, preferisco dichiarare il decesso. I non detti mi deprimono, disprezzo le persone (e le situazioni) che scelgono la mancanza di trasparenza come stile di vita.

Insomma, questo blog chiude qui, e non perché "i blog sono morti" ;-)

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01 luglio 2009

Spegnere un po' di atomi, caro Marcom

Caro Marcom,

credo di stare bene, mi ero presa un appunto da qualche parte, forse su Facebook, poi Safari non trova più il keychain e insomma, credo di sì, massì, sto da dio.

Io in rete continuo a divertirmi moltissimo e non sono per niente stressata, sai, per me è sempre stato più un gioco che un lavoro, e ancora adesso, dopo tanti anni, una volta che ho risposto a quella stronza che non capisce una parola, a quel deficiente che prende tutto alla lettera, a quella noiosa che laika qualunque cosa scriva, parlo di me su Twitter, parlo di me su Friendfeed, parlo di me su Facebook, poi con calma aggiorno conto terzi 75 Pages su Facebook scrivendo sempre le stesse cose con parole diverse e poi tiro un respiro di pancia e riesco proprio a rilassarmi, online, con le persone care, tipo te (che non ci sei mai ma è come se ci fossi).

E' la realtà analogica che continua a darmi troppi problemi, Marcom, i chilometri, i gradi centigradi, i chili, la polvere, lo smog, le gomme della bici da gonfiare, il frigo da riempire, la lavatrice da stendere (udio, forse ce n'è una anche adesso, da stendere), carte, traslochi, IBAN (ma l'IBAN è reale? Forse no). Sai che sempre più spesso sto scomoda nella realtà fisica? Alta e spigolosa come sono, picchio sempre dentro qualcosa, non hai per caso un plug per la matrice? Sono sicura che una pillola blu mi farebbe un gran bene, di questi tempi.

Non sai quanto mi piacerebbe prendere un caffè con te, potremmo fare a settembre, che dici? Il 22? Che poi ce lo confermiamo il giorno prima?

Un bacio

PS: ma ti ho mai detto quanto ti voglio bene?

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14 giugno 2009

post multiuso che racconta i nuovi ambienti di collaborazione online e con appiccicati in coda dei consigli per gli acquisti che non c'entrano niente.

sì, questo blog lo aggiorniamo sempre meno di frequente, è abbastanza evidente. no, non lo sta uccidendo Twitter, l'applicazione di status update (o, volendo, di microblogging) di cui stanno discutendo tutti i media (negli Usa, qui da noi è ancora ignoto) facendo le solite magre figure che hanno fatto discutendo di facebook, second life, blog e quant'altro è venuto prima. non lo sta uccidendo il nostro uso di Twitter, perché Twitter è Friendfeed con le gambe rotte. quello che lo sta uccidendo probabilmente - tra altre cose - è Friendfeed. se non altro perché chattare su Friendfeed è più divertente che scrivere su un blog almeno quanto andare a un aperitivo con amici è più divertente che scrivere un post su quanto è divertente di andare a un aperitivo con amici. noi qui siam nati col web paritario e molti a molti delle mailing list e dei niusgrup, era inevitabile (secondo me) che si tornasse a una modalità di comunicazione più sociale del blog. ora si può forse dirlo (io, almeno), che dopo il ritorno al futuro, il blog, pur inevitabile per scrivere cose più lunghe e ragionate, mi sa un po' di solipsistico (e se seguite questo blog sapete che il fatto che quelle stesse mailing list e NG di allora oggi si trovino anche su facebook non è il segno incipiente dell'Armageddon ma solo una naturale evoluzione dei media).

se però siete stati attenti sapete che c'è chi ha profetizzato che che la fine di Google sarà la search in tempo reale negli ambienti di status update come twitter o friendfeed, perché lì le persone oltre a usare l'app per quello poer cui è nata hanno anche la tendenza a socializzare e rispondere alle domande altrui, mettendo la loro conoscenza a disposizione di tutti in tempo quasi reale. così se hai tra i tuoi contatti una selezione di persone vasta e completa, ci metti pochissimo a trovare una decina di hotel di qualità a buon mercato a Firenze, o un buon rasoio da barba. insomma, ovvio che se ne parlasse la repubblica titolerebbe chat kills the blogstar o qualcosa del genere, ma forse non siamo molto lontani dalla verità (anche se è tutto da vedere: già Twitter ha un uso percentualmente bassissimo al momento - e per qualche ragione che mi sfugge pare questa sia considerata da molti una buona ragione per sfotterlo - figuriamoci Friendfeed che lo conosciamo in dodici ("Wikipedia non ha ancora una voce con questo nome").

insomma, lo dice anche la bibbia: c'è un tempo per bloggare e uno per chattare.

in ogni caso, per coloro che sono rimasti ancora (ehi, è ironico) alla mera lettura dei blog, senza fare il passo verso la discussione collaborativa, uso lo spazio restante di questo post (?) per elencare una serie di oggetti utili e consigliati di cui s'è parlato (o anche no) recentemente su friendfeed. o semplicemente cose che mi piacciono e vi consiglio. non c'entra assolutamente niente col resto ma era un po' che lo volevo fare. di nuovo.

anzi no, ne faccio un post a parte, se no è ridicolo.

quindi i post li separiamo e questo parla di alcune cose che ho scoperto e vi consiglio (trad: post ricorrente e anche un po' noioso, ormai).

i rasoi Moser per barba e capelli. lasciate perdere Remington (pessimi) Philips (costruiti al risparmio) e Braun (overpriced rispetto alle prestazioni).

Esquire che è uno dei migliori maschili del mondo (dove maschile significa che ogni tanto c'è un pezzo su come abbinare scarpe e blazer, ma per il resto è una rivista di arte varia come tutte le altre) che pure venendo via in abbonamento con solo 36 numeri per 16$ è una lettura che adoro. arguto, dissacrante e intrattenente.

con pochi altri dollari viene via anche un anno di Popular Mechanics, fantastica testata di fai da te e tecnologia virile che è una delle letture preferite di Auro.

il lettore di media (ovvero video. film rippati, per parlare pane al pane) WD TV di Western Digital (richiede un HD esterno) li batte tutti.

le Crocs. un paio - o anche più - in ogni casa che abiti. quanto a comodità, igiene e praticità non c'è paragone. al mare non ha senso indossare altro.

il sale di Cervia. perché per molti parlare di grado di umidità o addirittura di dolcezza del sale sembrerà assurdo, ma quando cucini (o ancora meglio sali a crudo) con un sale di qualità, la differenza la senti eccome.

le IPradio. non so ancora consigliare un modello perché lo sto scegliendo anch'io, ma pochi oggetti stanno subendo un upgrade di prestazioni e offerta come la buona vecchia radio da casa (se non lo fai già, una mezz'oretta di radio alla sera mentre cucini è l'ideale per informarsi e lasciar sbollire la pressione accumulata durante il giorno. le news per radio rilassano mentre quelle in TV stressano, ed è mia profonda convinzione che per una corretta digestione nonché serenità interiore non può esserci TV nell'ambiente in cui mangi). entra sul mercato la radio wireless via IP, che si attacca al router wifi e permette di ascoltare sull'apparecchio tradizionale milioni di webradio di tutto il mondo.

e di webradio e di servizi di aggregazione di webradio di qualità ce ne sono, come si può immaginare, proprio tantissi missi missi missimi. e per caso a qualcuno manca la buona vecchia filodiffusione?

il reader del New York Times. per la prima volta ho (fugacemente, ma seriamente) pensato di pagare un'abbonamento per una testata online. se invece di essere solo NYT fosse un aggregatore di TUTTE le testate online, sarebbe il modello di business che i media cercano e non trovano perché per inettitudine guardano il dito invece della luna (a differenza delle major discografiche che non sono inette, commercialmente, e trovano ancora profittevole guardare il dito invece della luna e portare in tribunale i propri clienti).

peccato perché così ci rimettiamo tutti: noi perdiamo in accesso aggregato ai contenuti, e gli editori darwinianamente falliscono. la cosa che mi fa impazzire è che i soldi ci sarebbero, i contenuti anche, ma nessuno sembra in gradi di fare il salto mentale di metterli insieme (cioè, Google lo sta facendo, ma piano perché non è core business, e nel frattempo l'editore fallisce). che è un peccato. per dire, io ci ero anche affezionato, agli editori. un po' mi mancheranno.

19 maggio 2009

Frammento #10 - sbranarti intero

Quanto non mi piace di te amor mio in quel che a te si invide, divisore ultimo di vite già fatte a pezzi, smembra di palpebre erose e incrociate, e più che non mi piaci più a te mi affido.

Allarmi, sorprese, bocche confuse (dove finisco io?) e inattese, succede solo quello di cui non si ha paura, come guardarsi in uno specchio e chiedersi "chi cazzo è questa stronza?". 

Quanto non mi piace di me amor mio questo sbranarti intero, le ditine strazzate di chi sta al gioco ma non può capire quale, ti sei guardato allo specchio e ti sei chiesto la stessa cosa.

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17 maggio 2009

Tribù, reloaded

Forse non tutti sanno che sto riscrivendo (per Apogeo) il mio libro sulla progettazione di community, uscito nel 2001 con il titolo "Le tribù di Internet". Sono arrivata a quella fase dell'editing in cui devo decidere se mantenere un gusto vintage al tutto, stile "ehi, guarda come sono figa, avevo capito tutto già 8 anni fa, ho giusto aggiunto qualche riferimento a Facebook" oppure se abbandonare le pigrizie e aggiungere tutto quello che ho imparato negli ultimi 8 anni.
Ovviamente ho già deciso, ma mi piace comunque sfoggiare i 10 imperativi categorici che avevo messo all'inizio di ogni capitolo: se sei molto, molto pigro (o sveglio) sintetizzano ancora oggi tutto quello che hai bisogno di sapere sui social media.
  1. La tribù è l'esaltazione dei singoli, non della massa
  2. Se non sai perché, come possono capirlo gli altri?
  3. Cosa cavolo sto facendo?
  4. Se non so a cosa serve, non mi serve
  5. Ci sono cose che si imparano solo sulla propria pelle
  6. Qualunque cosa succeda, sarà merito loro
  7. Rispettare gli altri? Inizio io!
  8. “Non si può non comunicare”
  9. La prima tribù a cui lavorare siamo noi
  10. 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana, 365 giorni all’anno

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13 maggio 2009

Making worlds

Le Venice Sessions - un'iniziativa di pensiero collettivo promossa da Telecom e Nova - sono una di quelle classiche situazioni di pausa e sospensione del lavoro quotidiano che permettono alla testa di liberarsi e volare un po' più alto del solito, anche lontano dai temi trattati. Basta uno spunto per fare da trampolino a una serie di associazioni libere e ti trovi all'improvviso più ricco di idee, di energie, di tranquillità.

Ho partecipato il 12 maggio alla terza Session, dedicata ad arte e tecnologia e ho smesso di seguire il filo del discorso - apparentemente - sedotta dalla bellezza delle opere d'arte mostrate da Daniel Birnbaum, il curatore della Biennale di Venezia.

Mi sono resa conto che in realtà aspettavo solo di tirare i miei, di fili, il che è successo quando a conclusione della giornata Giovanna Amadasi, rispondendo alle (viete) critiche sull'improbabilità dell'arte contemporanea, ci ha ricordato che l'arte può essere pienamente vissuta (e apprezzata) solo quando viene vissuta nel suo dispiegarsi nella realtà, in un ambiente. Un affresco, un'installazione, un quadro, un murales per me sono medium oltre che messaggi e come tali producono senso solo se fruiti come l'artista li ha pensati.

E' questo secondo me anche il senso che ancora ci sfugge delle tecnologie, per ora rinchiuse in un computer che ci ancora a una realtà fisica - seppur sempre più mobile. L'interazione uomo-macchina produce mondi, che è esattamente il tema della prossima Biennale (Making Worlds): per ora questi mondi sono quasi esclusivamente cognitivi, interni al pensiero, ma sviluppano il loro potenziale soprattutto quando vengono completati ed esportati nella realtà fisica, della carne, degli atomi. Negli ultimi vent'anni abbiamo faticosamente imparato a sostituire gli atomi con i bit, nei prossimi rideremo di questo momento di passaggio, ormai completamente a nostro agio con una realtà in cui i bit potenziano gli atomi, quasi senza interfacce. Come? Qualcuno lo starà già inventando, noi per ora godiamoci il potere di trasferire menti e relazioni nate in rete nella realtà fisica, senza quasi più notare la differenza.

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11 maggio 2009

Del MateraCamp, per parlar d'altro

In questo blog ho sempre raccontato tanto di me e pochissimo della mia vita. Scrivere qui serve soprattutto a narrarmi quel che è successo in modo che acquisti un senso, forse l'unica cosa che ho imparato a fare per salvarmi. Qualunque vita può essere narrata e compresa a posteriori, anche se a volte succedono cose che richiedono la tua attenzione qui e ora, anzi, talmente impellenti che non c'è spazio per altro, tantomeno per scriverne.

A Matera per la prima volta da tanto tempo mi sono fermata a guardare e a raccontarmi quel che è successo, e ho potuto farlo anche grazie alla tenerezza, al rispetto e alla discrezione delle persone che ho incontrato. E' un caso che fosse un BarCamp? Non lo so. Da tempo ho smesso di sorprendermi della profondità delle relazioni che si stabiliscono in rete, anche con persone che normalmente considererei poco interessanti. Leggere qualcuno crea un legame che assomiglia a quello di sangue: puoi non piacermi, ma fai parte della mia vita e so chi sei. Se poi mi piaci anche, beh.

Io so di essere indecifrabile per molti. Così seria e così allergica alla seriosità, o almeno tale mi sento. E' un'affinità che basta a costruire legami forti e immediati con persone assai diverse, così come è una barriera per chi mi prende alla lettera. A Matera ho sasseggiato la mia secchioneria lasciandomi andare alla parte social del tutto, e neanche il sorriso di Clarita e l'energia di Catepol sono riusciti a distogliermi dall'intensità di vita che c'era nell'aria, anche quando magari c'era bisogno di far sentire un po' di più che il Camp è anche un evento di contenuto, non solo di incontro.

Non per me. Non in questo momento. Forse non in questa vita. Credo sempre meno che si possa controllare alcunché e decidere altro che non sia riconoscere che quel che succede ha un suo senso, per quanto improbabile. Questo nella vita e nel decidere a chi avvicinarsi e chi rimandare a un'altra occasione. Nel decidere se parlare o tacere, se proporre un tema e poi rinunciarci, nel giocare con o contro.

Come ogni volta torno a casa con la sensazione di aver voluto abbracciare tutti e di essere riuscita a farlo solo in parte, quindi lo faccio da qui.

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30 aprile 2009

le regole dell'entropia sociale del vanz, ovvero alcune cose che ho imparato sui social media e le community

Non è necessario un modello di business esistente. I social media sopravvivono anche senza modelli di business. Anzi le community spesso funzionano meglio, senza.

Decretare la morte di un ambiente nell'ambiente stesso è il modo più veloce per rendersi ridicoli.

Il fatto che tu non lo usi non significa che non lo usino gli altri. Il fatto che i tuoi amici non lo usino, idem. Il fatto che nessuno che conosci lo usi, uguale. Berlusconi vince le elezioni.

"La maggior parte delle persone" non significa niente.

Il successo di uno strumento/ambiente di community non si misura in numeri. Non si misura nemmeno in tasso di adozione o in volte che è citato sui media. C'è solo un modo di misurarlo: in soddisfazione dei suoi utilizzatori e utilità per una comunità, anche piccolissima.

L'evoluzione degli ambienti/strumenti non è quasi mai darwiniana, ovvero quasi mai sopravvive soilo il più forte: gli strumenti coesistono, a volte evolvono, a volte convergono. Raramente qualcosa sostituisce in toto qualcos'altro.

La convergenza, il mashup e gli incroci, nel codice informatico come in quello genetico, rendono quasi sempre l'esemplare più robusto e non più debole.

Il codice lasciato libero di giocare in cortile ha molte più difese immunitarie e buona salute del codice tenuto chiuso in casa a studiare.

Il fatto che la stampa - in particolare quella italiana - parli molto (o per nulla) di uno strumento, fortunatamente non ha alcun effetto sulla sua diffusione.

All'inizio era il sincrono (o pseudo): la convergenza sembra tornare evolutivamente verso il sincrono (o pseudo).

Non è possibile prevedere l'uso che faranno del tuo strumento. Né controllarlo. È chi lo usa che determina la natura e gli scopi di uno strumento, non chi lo progetta. La progettazione più dirigista e autoritaria non impedirà che il tuo strumento venga usato per tutt'altro.

A volte è possibile determinare - con testi, feature, contenuti, attività di animazione - l'uso (più correttamente, il tono) di un ambiente, ma solo in parte, e non funziona sempre.

Gli strumenti si consumano con l'uso. Più caratterizzato e specializzato è uno strumento di cazzeggio, prima la gente se ne stanca.

Too many features is like no features.

Lo strumento del futuro non esiste.

Le regole non sono mai finite o definite: un post come questo è e sarà per sempre in costruzione.

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09 aprile 2009

Amori traditi

Senza bicicletta sarei già andata via da Milano anni fa. Salire in sella mi fa sentire istantaneamente in vacanza e il piacere e la soddisfazione di dribblare il traffico e riprendere il controllo dei tempi di spostamento ripagano della maleducazione, dei rischi, della scomodità.
Quando è stato attivato Bikemi mi sono registrata subito: la libertà di avere una bici a disposizione in qualunque momento, anche in situazioni non previste, è impagabile. Bikemi regala la comodità di usare la bici insieme ai mezzi pubblici, difficile da organizzare con la tua bici, che poi comunque devi riportare a casa e magari non sempre hai voglia di lasciare legata per strada a lungo.

Ho aspettato un po' per avere la tessera a casa, più di un mese: mi è arrivata una gentile lettera che dava la colpa "al maltempo e alle vacanze di Natale" che mi ha fatto un po' sorridere, ma poco male per un servizio appena nato.

Poi ho preso per la prima volta una bici. Il momento era sbagliato: ero di fretta e agitata. Ho seguito le istruzioni, mi sono sistemata la borsa e la gonna, ho provato a tirar su la bici, niente. Una telefonata nervosetta al call centre e scopro che hai 30 secondi per prendere la bici assegnata, se no devi rifare la procedura. Vabbè. Rifo. Vado a prendere la bici, mi becco un mezzo colpo della strega. Sono alta un metro e ottanta, ma non sono tanto forte: la rastrelliera è alta, la bici pesante. Ci salgo su: la bici è molto pesante e ha il baricentro basso. E' vero che sono abituata bene, la mia bici è agile assai, ma non mi era mai capitato di avere difficoltà a mantenerla su. Devo frenare, niente. Desidero di avere due rotelline e di non dover frenare coi piedi, ammazzo qualche decina di pedoni, rischio la vita diverse volte. Arrivo stremata al parcheggio, lotto per sistemarla al suo posto, lotto molto per infilare i pioli nella rastrelliera (ok, sono imbranata, ma non credo di essere l'unica).

Il momento era sbagliato, mi sono detta, riprova quando sei tranquilla. Riprovo, mi innervosisco. E' pesante, frena a fatica, stavolta mi scende anche il sellino. C'è di peggio: quando è il momento di lasciarla ci sono 3 posti liberi, ma le biciclette sono state lasciate senza rispettare il verso (indicato solo dalla stampa del numero, poco comprensibile) e quindi nessuno dei 3 posti è utilizzabile. Provo ad andare al parcheggio più vicino indicato dalla mappa, ma ancora non c'è. Torno indietro, c'è un signore nelle mie stesse condizioni, per fortuna arrivo qualcuno della manutenzione che ci sposta le bici e ci permette di lasciare le nostre.

Ho riprovato, e riprovato ancora, ma proprio non mi va giù. Adesso guardo le rastrelliere con desiderio e frustrazione. Userei Bikemi in continuazione, vedo sempre più bikemi in giro per Milano e mi chiedo se sono solo io a desiderare una vera bici, non un triciclo per adulti.

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