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13 maggio 2009

Making worlds

Le Venice Sessions - un'iniziativa di pensiero collettivo promossa da Telecom e Nova - sono una di quelle classiche situazioni di pausa e sospensione del lavoro quotidiano che permettono alla testa di liberarsi e volare un po' più alto del solito, anche lontano dai temi trattati. Basta uno spunto per fare da trampolino a una serie di associazioni libere e ti trovi all'improvviso più ricco di idee, di energie, di tranquillità.

Ho partecipato il 12 maggio alla terza Session, dedicata ad arte e tecnologia e ho smesso di seguire il filo del discorso - apparentemente - sedotta dalla bellezza delle opere d'arte mostrate da Daniel Birnbaum, il curatore della Biennale di Venezia.

Mi sono resa conto che in realtà aspettavo solo di tirare i miei, di fili, il che è successo quando a conclusione della giornata Giovanna Amadasi, rispondendo alle (viete) critiche sull'improbabilità dell'arte contemporanea, ci ha ricordato che l'arte può essere pienamente vissuta (e apprezzata) solo quando viene vissuta nel suo dispiegarsi nella realtà, in un ambiente. Un affresco, un'installazione, un quadro, un murales per me sono medium oltre che messaggi e come tali producono senso solo se fruiti come l'artista li ha pensati.

E' questo secondo me anche il senso che ancora ci sfugge delle tecnologie, per ora rinchiuse in un computer che ci ancora a una realtà fisica - seppur sempre più mobile. L'interazione uomo-macchina produce mondi, che è esattamente il tema della prossima Biennale (Making Worlds): per ora questi mondi sono quasi esclusivamente cognitivi, interni al pensiero, ma sviluppano il loro potenziale soprattutto quando vengono completati ed esportati nella realtà fisica, della carne, degli atomi. Negli ultimi vent'anni abbiamo faticosamente imparato a sostituire gli atomi con i bit, nei prossimi rideremo di questo momento di passaggio, ormai completamente a nostro agio con una realtà in cui i bit potenziano gli atomi, quasi senza interfacce. Come? Qualcuno lo starà già inventando, noi per ora godiamoci il potere di trasferire menti e relazioni nate in rete nella realtà fisica, senza quasi più notare la differenza.

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