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23 marzo 2009

The Wire Intro Says It All

Si dice di The Wire che sia il miglior serial degli ultimi anni (forse di tutti i tempi, osa GQ) e se siete adepti della chiesa Bittorrent sapete quanti siano i candidati di qualità. Si dice che "lassù", insieme ai Soprano, West Wing, Battlestar Galactica, forse Prison Break e un altro di tua scelta (per me, se proprio me lo chiedete, E.R.), ci sia The Wire.

Io non l'ho ancora visto ma mi accingo. E mentre mi accingo e spippolo i primi 10 minuti che, come in tutti i film e tutt'ecose raccontano, preannunciano e inconsciamente caratterizzano molto di quello che sta per seguire, beh, nei primi 4':27" di The Wire cosa ti trovo, nell'ultimo posto in cui pensavo di trovarla?

La spiega della Crisi, dei titoli toxic, di Madoff, del bubbone Unicredito che chissà con che numeri ci stanno silenziosamente facendo mandar giù e riespellere tipo palladipelodigatto, di sto cazzo di bailout totale globale termonucleare che si sta ingoiando abbastanza risorse per terraformare Marte, trasferirci tutto il terzo mondo e farne la Società Perfetta, il pianeta Svezia ma senza la socialdemocrazia pelosa.

Insomma, la spiega è tutta qui. Lo sai dal principio che ti fotteranno, but you gotta give it a chance because "this (is) America, man".





- Let me understand you. Every Friday night, you and your boys would shoot crap, right?
And every Friday night, your pal Snotboogie, he'd wait till there was cash on the ground, then grab the money and run away? You let him do that?

-We catch him and beat his ass. But ain't nobody ever go past that.

- I gotta ask you. If every time Snotboogie would grab the money and run away, why'd you even let him in the game? If Snotboogie always stole the money, why'd you let him play?

- Got to. This America, man.

08 marzo 2009

Tu non dimenticare mai [frammento # 8]

Il sole come lama, tu che mi affetti di luce e mi svolti, la sabbia fredda di pietroline, scalzi verso un mare che curvetta e inchina e ammicca. Della Sardegna quel che mi resta delle troppe volte che mi hanno amata è la terra, terra da pascolo, terra che si frantuma in sabbia, terra da masticare con le ruote, terra che mi piego a prendere in bocca, sfrenata di chilometri difficili da interpretare, i chilometri che percorri per arrivare a baciare quel sole che entra dalla finestra e mi percorre e fuori è il Bastione, sempre lontanissimo il mare. Terra percorsa in bici alleggerite di qualunque cosa impedisse di correre verso le nostre opposte fini, terra sudata a piedi, salite e mai arrivi, buchi e pietre e scogli e come unico premio l'acqua, a lavar ferite e umori. Terra di carni aspre e vini pesanti e notti poco adatte al sonno, notti di grida e risvegli continui a trovarti. Non si dovrebbe arrivare in aereo in Sardegna, mai. La fretta uccide, piango e guardo fuori mentre troppo veloce arrivo e troppo veloce riparto e rallentare diventa la regola che non sappiamo giocare. Laminati dal vento, dispersi tra parole, le uniche vere proprietà che ci restano socialmente consentite.

Tu mi hai restituito tutte le parole, intatte e da distorcere, annodate a corpi e a languori derisi e scherniti, parole vere e da giocare, da scherzare, da invadere di nonsensi puri e finiti, sani e intrisi, e forbiti, e forniti, e da finire, mai. La serietà uccide, io ti ho voluto per riderne, la realtà ci soffoca intorno, ignoriamola.

[Repost da MarioPischedda]

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