Scorrere i vinili accumulati in 15 anni riserva sempre delle sorprese, soprattutto se li tieni in un'altra città, soprattutto se nel frattempo il cambio di supporto ti ha costretto a ricomprare la fottuta collezione a un prezzo triplo, soprattutto se quei quindici anni li hai passati ad ascoltare musica di tutti i generi possibili, comprese alcune band indie ora sepolte sotto a metri di detriti della storia della musica.
Scopri che tracce di quei detriti ti sono rimasti addosso come cellule epiteliali sulla camicia di un sospettato, e che questi rinvenimenti archeologici ti trasmettono più emozioni che visitare Pompei. A fianco delle discografie pressoché complete di band moderatamente note e che ora quasi nessuno ascolta più ma tu hai amato alla follia (
Bauhaus,
Devo,
Siouxsie and the Banshees,
PIL,
the Cult) saltano fuori dei pezzi di vinile che fai quasi fatica a incastrare nel tuo percorso musicale, tanto che sembrano teletrasportati da un altro pianeta. Un po' come quelle tessere del puzzle che avanzano sempre e che tendi a nascondere sotto il tappeto.
E ti sbuca fuori con gran rumori di feedback e distorsioni il doppio
Stations of the Crass dei
Crass, protopunk anarco-hardcore che ti bullavi di ascoltare - insieme ai
Kennedys - quando quei fighetta dei tuoi amici si sciroppavano roba da ragionieri della City come i Clash. Che sarà anche vero che i Clash sono rimasti e i Crass no, però per rivivere una tale condivisione rumoroso-ribellista-rabbiosa hai dovuto aspettare
Yo! Bum Rush the Show di
Public Enemy.
Poco lontano, la copertina di
Candy Apple Grey di
Husker Du ti guarda storto rivendicando lo stesso diritto, ma non ce l'ha. Non li hai mai veramente sentiti.
Qualche lettera più in là spicca il rosso mattone della cover di
Red Skies Over Paradise di
Fischer Z, classico acquisto da top ten di Rockaradio e folgorante LP che hai solcato fino allo sfinimento per circa tre mesi nonché cancellato dalla memoria altrettanto velocemente, ma che tuttora ha almeno un paio di singoli di tutto rispetto.
E che dire di
Metamatic e The Garden, primo e secondo album da solista di
John Foxx, indimenticato leader di una dimenticata e forse dimenticabile band come
Ultravox? Come minimo che allora sembrava musica un casino avanti e ora decisamente meno, ma non son mai stato portato all'elettropop con delle pretese.
Uuh e aspetta aspetta, cosa c'è qui? Ben tre album di una band sicuramente rumorosa e forse hard rock - genere poco frequentato se non per gruppi ibridi come i
Cult e fenomeni da classifica come
ACDC - che si chiamava nientemeno che
Blue Oyster Cult, che mai si capì se l'ostrica era blu o triste. Se pure qui c'è qualche pretesa, c'è anche molto suono. La storia e la memoria me li restituiscono in uno stato che definirei dignitoso.
Last but not least, a fianco di
Scritti Politti forse anche per qualche vaga affinità, il primo album di una band acquistata d'impulso e poi ritrovata con piacere nella colonna sonora di
Manhunter di Michael Mann: trattasi di
Jam Science di
Shriekback (chi?).
Mai fui in grado di spiegare a chicchessia che genere facessero, ma molti anni dopo, metabolizzato l'avvento del dub (versione
Jah Wobble) e delle ora-assai-amate atmosfere chillout (magari pure modaiole, ma fossero tutte così le mode) ti rendi conto che forse hai rintracciato il filo rosso che ti ha trainato dai
Crass a
Thievery Corporation impedendoti di soccombere alla babele musicale che il tuo povero apparato uditivo ha dovuto subire nel percorso (se non avete mai provato ad ascoltare per errore i Crass a 33 giri invece che a 45 non potete sapere a cosa mi riferisco). Per non parlare di tutti quei titoli di album, pezzi di testi, giri di basso, ritornelli e melodiucce che hanno rubato le preziose cellule cerebrali che ora ti servirebbero per poter lavorare dignitosamente.
Come dicono i blogger, son cose.
Sono anche un sacco di soldi buttati via, ma fa piacere scoprire che di st'accozzaglia di derivati del petrolio e spese scriteriate qualcosa mi è rimasto.