Conoscevo Valentina da prima che iniziasse a bloggare. Quando mi dissero "Valentina a scuola era brava a scrivere" storsi il naso: pensavo a quanta gente brava a scrivere c'è in giro, e che il saper "scrivere bene" a scuola non è affatto garanzia di saperlo fare anche nel mondo reale.
Quando iniziai a leggere Valentina pensai "sì, però". Pensavo che forse non avesse (come me) alle spalle il tipo di carriera e cultura necessaria per essere letta da "quelli che contano" - chiunque essi siano - e pensavo, compiendo l'errore di applicare ai blog le dinamiche del mercato tradizionale, che un'ipotetica
Spectre dei bloggher famosi avrebbe snobbato Valentina.
Adesso Valentina scrive a pieno merito sul blog di
Grazia, presto, ne sono certo, scriverà su altri blog e riviste di prestigio, è letta da parecchi bloggher che contano (sempre quelli, misteriosi, di cui sopra), e oggi
è arrivata scrivere delle robe così.
Ma la domanda è: Valentina scrive così perché ha sempre scritto così e il blog le ha dato la possibilità di farlo, o perché nel frattempo Valentina, che aveva queste potenzialità, ha letto i blog di gente che scriveva meglio, e soprattutto scriveva in modo diverso da lei?
La seconda che hai detto, ovviamente. E qui sta il valore principale dei blog, che continua a sfuggire a chi si occupa di blog mettendo il proprio ombelico (di non blogger) al centro dell'universo: nella funzione di reti sociali della creatività.
I blog possono fare o meno informazione ma non "servono" a fare informazione, possono o meno fare letteratura ma non "servono" a fare letteratura: la reale utilità dei blog è prima di tutto per chi li scrive, ed è di imparare a scrivere meglio e diversamente, così come la vera utilità di
Flickr non è di dimostrare quanto si è bravi o di vendere foto, ma di imparare a fare foto migliori e soprattutto diverse.
In altre parole: il valore non è nello strumento (mai) ma nella rete sociale. Se bastasse aprire un blog per imparare a scrivere, mi comprerei una Hasselblad e andrei a scattare foto per la Magnum.
L'esperienza degli altri è una cosa che i libri di testo non possono insegnare, e in un ambiente in cui tutti devono scrivere secondo le stesse rigide regole c'è poco spazio per imparare a violarle, quindi per la crescita. Il che vale per la scuola come per il giornalismo (ed è una questione di forma e non di qualità dell'informazione, che non c'entra niente).
Questo chi scrive solo per sé o per lavoro di solito non lo capisce, e non è che non lo capirà mai, ma probabilmente sarà costretto a capirlo tra qualche anno a proprie spese, anche professionalmente. Grazie a Internet sta crescendo una generazione di scrittori, giornalisti e fotografi "collaborativi" che sono esposti a una quantità e a una varietà molto maggiore di stimoli rispetto a coloro che svolgono tradizionalmente gli stessi ruoli, e che fanno rapidamente proprie le innovazioni creative - e le violazioni delle regole - conquistate dalla collettività: la differenza mi pare si cominci già a vedere, e sarà sempre più marcata.
Ora, però, Valentina deve
imparare a linkare, ma questa è un'altra storia :-)
[mamma per sbaglio]