Ore 8:40, fanghi; ore 10:30, pulizia del viso; ore 11:30, massaggio; ore 16:30, corsetta con playlist "Olenska"; ore 17:30, nuotatina all'aperto con l'acqua calda che vaporeggia. Tre (ottimi) pasti), un libro lobotomia (
il Progetto Trinity), Io donna, Donna, una media di 12 ore di sonno al giorno.
La mia principale preoccupazione è trovare
il passo giusto per incedere nella hall - debitamente passé - in accappatoio: ciabattine alberghiere, nido d'ape color champagne, capello raccolto pronto per la cuffia.
Gli alberghi termali sono una cuccia a sè: la temperatura media è intorno a 30 delittuosi gradi, per permettere agli ospiti (età media 82 anni) di
scorrazzare bagnaticci a tutte le ore. Nell'aria ondeggia un odore metallico, tra le rose secche, la cipria e l'epinefrina: il personale pare traslato direttamente dall'Overlook parallelo in cui va ad abitare il "dull boy" una volta abbandonati moglie e figlio. Il sorriso fisso, la ruga calcinata, i turni di 24 ore, a svelare la natura di "others" che mi fa corricchiare per i corridoi vagamente spaventata.
Stucchi, cristalli, velluti e tappeti: qualche tocco di creatività in cucina, fin troppo buona ma vigliaccamente internazionale, una barista sgarzilla che semina caffè, prosecchi e grappe barricate, il maitre francamente maleducato ma che consiglia interessanti vini del territorio; tanti piccoli segnali - sbaraccare mentre c'è ancora gente che mangia, far fretta per finire - che parlano di una crisi che dura e che si riesce a nascondere solo in parte. Io mi atteggio a diva e
ciondolo in tuta da ginnastica con i piedi sui braccioli di divani a fiori mentre una moltitudine di giocatori di bridge prende possesso dei luoghi comuni sbirciando curiosa l'unica coppia sotto i sessanta.
Straordinariamente fuori posto, il cartello di un Hot Spot mi ricorda che qui, volendo, potrei anche passarci una settimana.
Le terme sono il mio ultimo vizio, avamposto felice di una corporeità umida, tumida e manipolata. Corpi nudi e specchi enormi. Gli effetti si vedono.