I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

27 febbraio 2008

L'equivoco del Blackberry

Tu che mi guardi con pena profonda mentre cammino digitando sulla tastiera del telefonino, non far confusione: se non avessi il telefonino, dovrei essere seduta a una scrivania.
Invece passeggio per negozi e molto più spesso lo guardo perché voglio, non perché devo.
E voglio perché dentro ci sono le persone che più mi piacciono.
E in nessun altro modo potrei passare così tanto tempo con loro.

Tu che pensi che io invece di dedicarmi a te cazzeggio col Blackberry perché sono ormai dipendente dalla tecnologia, consolati: sono solo molto maleducata e tu mi stai annoiando a morte.

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25 febbraio 2008

Capitolo 1: il galateo di Facebook

Dieci-quindici anni fa su Internet c'erano solo alcuni ambienti/strumenti di interazione pubblica, le cui dinamiche si erano definite e autoregolate nel corso degli anni. Chi entrava per la prima volta in IRC o nei newsgroup imparava presto poche, semplici regole su come comportarsi. A tutt'oggi la Netiquette si basa sulla preziosa esperienza maturata in quegli ambienti: tutte le community Web che sono seguite negli anni successivi, dai forum ai blog, l'hanno adottata quasi senza bisogno di adattarla.
Negli ultimi 2-3 anni è emersa una quantità di ambienti di community che si basano su interazioni diverse da quelle tradizionali: Twitter e Facebook sono ambienti che hanno funzioni e tempi fondamentalmente diversi. Forse è ora di dare una rinfrescata alla Netiquette.


Part 1: FACEBOOK
Le nuove (inter)azioni introdotte dal social network, dal votarsi reciprocamente al mordersi sul collo al tirarsi pecore, implicano una nuova serie di fastidi che possiamo arrecare agli altri (come se ce ne fosse bisogno). Ecco cosa non fare su Facebook, e perché:

1. Attenzione alle notifiche
Facebook è progettato in modo che ogni azione si propaghi esponenzialmente. In sostanza è un virus, e questo è alla base del suo successo, ma è anche causa di un enorme numero di mail e notifiche indesiderate, che vengono inviate a tutti i tuoi contatti. Le notifiche funzionano in modo diverso a seconda delle varie applicazioni e si possono (teoricamente) evitare: quando si è in questa schermata è meglio assicurarsi che i propri contatti siano deselezionati ("selected (0)") e cliccare il pulsante di SKIP che si trova in alto a destra. Se un'applicazione ti costringe a spammare i tuoi amici per continuare, torna sulla home, clicca Applications - edit e disinstallala. Solo così impareranno.

2. I vampiri non divertono più nessuno
All'inizio era divertente, ma dura circa due settimane poi non ne puoi più di gente che ti morde per farti diventare un vampiro, uno zombie o un lupo mannaro. Lo so: l'ho fatto. Chi ci si diverte faccia pure, ma si limiti a combattere con chi ha già scelto di partecipare al gioco. E se uno non risponde ai tuoi attacchi, fagli la cortesia di lasciarlo stare. E' davvero il minimo.

3. Il Poke è morto
Il mimare un'azione concreta sembrava la vera rivoluzione di Facebook, e presto ne nacquero mille varianti tra cui l'ormai mitico lancio della pecora (peraltro copiato da un videogame). Poke e Superpoke hanno caratterizzato i primi anni di Facebook ma ultimamente, correggetemi se sbaglio, non se ne ricevono quasi più. Era ora. Se proprio vuoi farlo, sii creativo o almeno colto: lancia ai tuoi amici un filosofo e aggiungi dei contenuti originali. Puoi anche attaccarci una pecora.

3. Su Facebook non si tromba
Le ore-uomo impiegate a sviluppare applicazioni di dating su Facebook sono pari solo alle ore investite nel cercare di sedurre qualcuno senza riuscirci. La seduzione su Internet avviene attraverso le parole e le idee, al massimo le foto, non con le strizzatine d'occhi, i flirt virtuali o le similitudini nei risultati dei test (Likeness). Le hai già fatto l'occhiolino, mandato fiori, lanciato una pecora e lei non ti ha risposto con pari entusiasmo? Non te la dà. Pensi che sarà tua solo perché avete lo stesso risultato in un test? Chiamami: ho un inceneritore a Pianura da venderti.

4. Se hai voluto la bicicletta, adesso pedala
Una delle possibilità più utili offerte da Facebook è scoprire cosa gli altri pensano di te, anonimamente, con il Compare People. Ma le nuove notifiche che indicano con chi sei stato paragonato - e persino intuire chi è stato - stanno già rompendo il giocattolo. In ogni caso, se vuoi giocare devi essere disposto a giocare, e con il Define Me ci si può anche fare male. E' un bel gioco finché qualcuno non ci rimette un occhio. A tuo rischio e pericolo.

5. Gli altri non vogliono far parte di un club che ti accetta come membro
Il fatto che tu trovi divertentissimo che esista un gruppo che si intitola "E anche oggi non ho fatto un cazzo" o quello per la Liberazione della Figa (o qualcosa del genere) non significa che lo sia veramente. E sì, c'è un milione di persone che odia Berlusconi senza bisogno di andare a spammarle, e no, non è possibile nutrire un bambino africano con un clic. E se non ho aderito al tuo divertentissimo gruppo non è perché la tua mail è finita nello spam, ma perché era un'idiozia. Cessa e desisti.

[x-view] Non è un paese per vecchi

"Sto per fare una stronzata, ma la farò lo stesso".

Acqua a chi sta morendo, nell'incerto dell'umanità: uomini ad aria compressa, illuminati da ossimori, centellinati in bigliettoni, raccolti nel sangue che scorre e non uccide, non in campo.

I Coen prendono l'alienazione di Cormac McCarthy e la rispettano fino in fondo, raddensando il grottesco nella pettinatura di Javier Bardem e lasciando respirare la polvere del Texas, giù giù giù fino in platea. Tu inali e ridi con le ossa da fuori, e lo farai ancora e ancora di nuovo.

Non è un paese per vecchi
Ethan & Joel Coen

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22 febbraio 2008

In tournée

Update sull'agenda maestrina del weekend:

Oggi pomeriggio alle 16:30 Mafe partecipa all'incontro La seconda vita dei contenuti nell'ambito dei WebDays di Torino, insieme a Marco Ferrario (consulente per editori sul digitale), Marco Ghezzi (AD Apogeo) e Bettina Jacomini (Direttrice di Style.it). La diretta dell'evento la trovi qui.

Domani siamo entrambi al Barcamp di Torino. Se non sai cos'è un Barcamp scoprilo qui (e se non sai dov'è il barcamp Torino scoprilo qui). Saremo lì più che altro per ascoltare, cazzeggiare e far foto, ma non si sa mai che ci scappi una presentazione estemporanea se domattina in treno con Alessio ci scappa fuori un'idea.


Se non ce la fai, puoi seguire i nostri aggiornamenti su Twitter (mafe e vanz) e le foto su Flickr (mafe e vanz)

Se non ce la fai e non ti interessa, ti ricordiamo che abbiamo anche un tumblr (vanz) e una rubrica su Punto Informatico (mafe)

Se neppure questo ti interessa, potresti almeno intenerirti guardando la foto del bradipo sulla nostra pagina di 404

20 febbraio 2008

Iwouldntsteal.net

La campagna dei verdi europei in favore del File Sharing.
L'unione europea ha stanziato 22 milioni per lo sviluppo della nuova generazione di Bittorrent.


17 febbraio 2008

Do the right thing

Le community non si creano, si attivano: esistono già, anche se a volte le persone che ne faranno parte non lo sanno.
Una delle poche certezze che ho relativamente al community management è che hai successo solo se riesci a intuire e assecondare i bisogni delle persone che desideri coinvolgere, proponendo le tecnologie abilitanti adeguate e gli stimoli editoriali e sociali corretti. Se questi bisogni sono in contrasto con gli obiettivi dei proponenti l'unica cosa seria da fare è ammettere che questi obiettivi non sono compatibili con i media orizzontali e rassegnarsi a usare metodi di comunicazione verticali, se non unidirezionali.

Pochi metterebbero in discussione questo punto quando parliamo di obiettivi di marketing e vendite. A volte però ci poniamo obiettivi che consideriamo "buoni", per esempio la divulgazione, l'alfabetizzazione, la crescita personale, l'utilità, il progresso.
Io personalmente trovo questo secondo caso peggiore della sana e onesta vendita. Il mio lavoro è far emergere il valore, qualunque forma abbia, non pianificarlo definendolo a priori (che è tutta un'altra storia). Mai, mai giudicare il valore di terzi in base ai miei criteri (o a valori oggettivi, che non esistono): come diceva mia nonna, "dove c'è gusto non c'è perdenza".

Prendiamo il caso per esempio di un paio di condivisibili critiche a Menstyle e a tutte le piattaforme "chiuse":

A me pare che mondi chiusi, per quanto "all inclusive", generino inevitabilmente, a un certo punto, quel vuoto di senso che porta all'abbandono o all'espulsione violenta. Vedo quindi come un valore aggiunto, la capacità di offrire ai tuoi iscritti anche la visione concreta di una rete aperta e connessa. Un valore aggiunto che può distinguerti dalle altre piattaforme, e fare la differenza per l'affezione degli iscritti. (Palmasco)

Sì, non è male, anche se mi sembra un po’ chiusa. più che senza uscite di sicurezza rischia di essere senza entrate per l’utenza generica. diffido delle community che vogliono fare da piattaforma di blog ostacolando l’interazione con altri blog di altre piattaforme: una community che nasce ora non può non tenere conto di questo.
(Commento a un post di Andrea)


Nel maggio 2006 il primo documento di progetto di Style (la sorella maggiore di MenStyle) metteva tra i punti di attenzione rilevanti per il successo del progetto proprio l'importanza di una piattaforma tecnologica che fosse non solo allo stato dell'arte, ma anche aperta, proprio per fornire a chi lo avesse voluto un facile accesso (in entrata e in uscita) al resto del web. Accesso tecnologico, culturale, sociale: non a caso alla partenza di Style abbiamo arruolato due blogger molto amate (Lisagialla e Robba) proprio con il compito di aprire al resto della rete, con blogroll misti, link all'esterno a non finire, assoluta libertà editoriale. Non ha funzionato.

Non c'è niente nella community di Style o di MenStyle che impedisca (o renda difficile) linkare, seguire, includere altri blog di altre piattaforme. Non solo: in redazione io, Auro e il Vanz lavoriamo attivamente perché chi ha scelto di prendere casa in (Men)Style si accorga che ci siano altri quartieri da frequentare, in rete. Eppure quasi nessuno raccoglie l'invito, mentre si verificano, in modo assolutamente spontaneo, tutte le dinamiche sociali tipiche delle community: amicizie, litigi, raduni, lavoro volontario, collaborazione, appartenenza. E credo che proprio l'appartenenza sia la chiave: chi sceglie di aprire un blog su Style lo fa perché vuole appartenere a quel mondo, non al mondo "Internet". Certo, potremmo sviluppare funzionalità che facilitino le visite all'esterno, ma dovendo assegnare delle priorità cerchiamo di soddisfare le esigenze che emergono dalla community, non quelle "giuste".

Non esistono modi giusti e sbagliati di usare la rete (o di fare qualsiasi cosa). Esistono però pochissime persone che la usano in modo consapevole e queste persone troppo spesso coltivano un senso di superiorità nei confronti di quelli che la vivono e basta, senso di superiorità che a me ogni tanto dà un po' di claustrofobia, per quanto lo riconosca denso di ottime intenzioni.

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Ci vuole tanto tempo

Invecchiando divento la ragazza che avrei voluto essere.

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16 febbraio 2008

Picco ormonale

Se hai più di un neurone non c'è afrodisiaco più devastante di essere capita al volo.

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14 febbraio 2008

Si sta come d'estate

Testa leggera, voglia di guardare avanti, una pazienza elegante nel rispondere per l'ennesima volta alle stesse domande, imperdonabili anche se da persone diverse. Forse l'unica community per cui varrebbe la pena di produrre contenuti è quella dei clienti titubanti in ansia da controllo perso (in effetti, all'aperitivo, parlando di formazione, in realtà parlavamo di questo, no?)

Anche per questo sono contenta di avere questo mese altre due occasioni di parlare in pubblico e di cercare di spingere avanti il ragionamento, senza preoccuparmi di nessun altro dovere che non sia quello di essere stimolante, interessante, non compiacente.

Venerdì 15 febbraio, Spread the Word - ore 15 - IULM, Aula Seminari
Venerdì 22 febbraio, WebDays, dalle 9:30, Circolo dei Lettori, Torino
Sabato 23 febbraio, TorinoBarCamp2008, dalle 9:30

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12 febbraio 2008

Di qualunque colore purché sia nero

Ieri sera prima di andare a letto mi è ricaduto l'occhio su questo post di Mafe su Punto Informatico. Sarà stato il post, sarà stata la peperonata, fatto sta che ho avuto un incubo. Ho sognato che andavo a letto, mi addormentavo e il mattino dopo mi svegliavo in una città grigia e piena di gente con lo sguardo triste che non poteva avere quello che desiderava.

Era un sistema economico in cui il governo e vari poteri forti decidevano cosa i cittadini possono avere e cosa no. Se decidevi di uscire per comprare qualcosa, potevi solo presentarti, in orari imposti, in un negozio e sperare che avessero la merce che desideravi. Spesso c'era un solo prodotto (se eri fortunato) che corrispondeva vagamente alle tue aspettative: non potevi sceglierne le funzioni, non potevi avere alternative basate sui tuoi bisogni reali. Potevi averlo di qualunque colore purché fosse nero.

Se desideravi qualcosa che non era disponibile in negozio ma sapevi esistere sul mercato, un commesso in divisa ti diceva con fare sgarbato e autoritario che non te lo avrebbe procurato. Spesso dovevi fare la fila per pagare, e dovevi accettare che il prodotto che acquistavi avrebbe potuto essere rotto. In quel caso, non avevi la certezza che ti sarebbe stato sostituito. Se te lo facevi spedire a casa, non avevi la certezza che sarebbe arrivato.

Se volevi comprare della musica, potevi scegliere solo tra quella selezionata per te da un organismo preposto.
Se volevi un film, non potevi averlo come era stato pensato e realizzato: lo potevi comprare solo doppiato, tagliato e rimontato dall'organismo preposto a decidere quale edizione del film era adatta al cittadino medio. Se volevi vedere un film nuovo, dovevi aspettarlo il tempo necessario perché le leggi e i negozi ti consentissero di acquistarlo: a volte anni. Se volevi sapere se il film era bello o brutto, potevi fidarti solo dell'opinione del commesso autoritario. A sentire lui, i film erano tutti bellissimi.

Non potevi confrontare i prezzi con altre offerte: tutti i negozi avevano più o meno gli stessi prezzi, nonostante tutti sapessero che quello stesso prodotto era disponibile sul mercato a prezzi nettamente inferiori. Se volevi acquistarlo dovevi essere disposto ad accollarti costi che, in un libero mercato, sarebbero a carico dell'impresa.

Era un bruttissimo sogno, era la negazione del mercato di libera concorrenza, era l'incubo di un'economia da socialismo reale.

Oppure no?

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10 febbraio 2008

State of the Net



Gaspar lo ha chiamato Satori, Ross "a-ha moment", ma da ieri molti di noi di State of the Net chiameranno wiki moment la deliziosa sensazione di aver fatto un significativo passo avanti nella consapevolezza delle cose. Cose da rete (non per forza nel senso di rete digitale): cazzeggi a tavola con un gruppo di amici [onorata di essere ammessa tra loro] e nel giro di poche ore, senza neanche capire come, quel cazzeggio è diventato patrimonio di un gruppo di amici più grande, italiani, inglesi, americani, donne, uomini, markettari e talebani, geek e umanisti. Tutti insieme in una birreria a ridere della "massive mortadella", forse quanto di meno digitale possa venirmi in mente.

Non state capendo niente e questo è il mio punto. Questa è la mia metafora dello stato della rete, il mio satori. Per capire bisogna esserci. Non ci sono barriere all'ingresso, quindi se non ci sei è anche colpa tua. Se non ci sei perché non ce l'hai fatta, la rete ha memoria e molto di quel che succede anche offline rimane.

Per capire qual è lo stato della rete nel 2008, in Italia e non solo, basta esserci. A-ha.

(PS: Paolo, Beniamino, Sergio, Silvia: non ci sono parole per ringraziarvi)

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Yes, we can

Sì, sì, possiamo. Possiamo scendere nel buio e metterci le mani addosso, quando vuoi. Però mi devi pagare.
No, non è come credi. Sì, posso immaginare, hai sentito dire in giro che sono molto venale, ma non è come credi. Allontanati un attimo, fammi pensare. E' una cosa importante.

Mi pagherai pochi euro. Potrai comprare anche solo un bacio. Stabiliremo un listino per ogni cosa, una carezza, uno sfioramento, la mano tra i capelli, ammanettarmi al letto e lasciarmi lì l'intero pomeriggio con il televisore sintonizzato su La vita in diretta.

Guardare puoi guardarmi gratis. Guardare non implica niente. Mi vestirò per te, te lo garantisco. Se vuoi guardarmi e basta siamo salvi tutti e due.

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07 febbraio 2008

State of the Net


Dopo Trieste - splendida città con una quantità di mare quasi insopportabile - e una mezza giornata di lezione al MIB, eccomi a Udine, in albergo, una mela verde e wi-fi gratis (che sollievo).

Domani, finalmente, State of The Net: gli iscritti sono tanti (circa 260) e chi non è riuscito a venire dovrebbe riuscire a seguirci anche se non in streaming (forse). Io sono felicissima di essere qui e ringrazio Paolo, Sergio e Beniamino per l'invito e per il (gran) lavoro fatto.

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06 febbraio 2008

Moratoria tuo fratello

Quando si parla di aborto e del diritto delle donne di scegliere, si parla sempre del diritto di scegliere di non portare avanti la gravidanza. Io sarei così felice se il Vaticano, Ferrara o chi di scena per una volta parlasse del diritto della donna di scegliere di portare avanti la gravidanza: vorrei che quando un uomo parla di aborto, parlasse esplicitamente del suo ruolo, e non per quei quattro casi in cui vuole il figlio, ma per quei quarantamila in cui non lo vuole.

Se proprio dobbiamo parlare di "moratoria" proponiamola per chi dice "non è il momento", "non ho soldi", "non ho voglia", "non è mio", proponiamola a tutti quei compagni/mariti/amanti che hanno detto "no". Non voglio certo dire che se gli uomini accettassero tutti i figli che arrivano non ci sarebbero più aborti, no. Ma molti, molti, molti, molti meno sì.

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02 febbraio 2008

La potenza delle donne

Un po' di tempo fa avevo trovato il coraggio di raccontare qui una serie di violenze grandi e piccole subite dagli uomini nel corso degli anni. Il coming out vero e proprio era sulla mia incapacità di denunciare, anzi, ridiciamola tutta: sulla mia tendenza a vergognarmi e a sentirmi in colpa come se la colpa fosse mia.

Oggi che vedo che Donna Moderna [disclaimer: è un mio cliente] invita a dire "No alla violenza" e leggo la provocazione di Toscani sulle "colpe delle donne" nella violenza subita, un po' mi girano, un po' capisco, e ritiro fuori razionalmente quello che un po' di tempo fa avevo elaborato a caldo con un "facciamo qualcosa". Riecco i miei 2 cent di qualcosa:

Facciamo qualcosa: innamoriamoci di uomini gentili. Mandiamo in bianco i macho. A un metaforico ballo della scuola andiamoci con Peter Parker, smettiamola di bagnarci solo se arriva SpiderMan. Basta con questo mito del cinismo, dell’uomo duro, del “nondevechiederemai”. Quelli che non sanno chiedere spesso prendono.

Facciamo qualcosa: educhiamo uomini gentili. Smettiamola di insegnare ai nostri figli che possono divertirsi con le sgualdrine e sposare le brave ragazze. Cerchiamo di insegnare loro che rispettare le donne è parte del diventare adulti. Non giustifichiamo i nostri uomini (figli, fratelli, amici) quando non rispettano le donne, fosse anche solo scomparire la mattina dopo.

Facciamo qualcosa: impariamo a stare da sole. Una donna che se la sa cavare da sola non ci pensa due volte a mandare al tappeto chi la stupra, la usa, la maltratta, la picchia. Soprattutto se abbiamo dei figli, basta essere disposte a tutto pur di avere un uomo nel letto.

Facciamo qualcosa: proteggiamo le nostre figlie, sorelle, amiche, ma non coltivando l’odio per il maschio in quanto tale. Aiutiamoci a proteggerci dagli uomini sbagliati, non da tutti gli uomini, e a capire la differenza.

Poi serve tutto il resto, certo, leggi, strutture, pene giuste, assistenza, meno machismo, modelli culturali diversi. Pero’ se non inizi tu a migliorare il mondo, chi?

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01 febbraio 2008

John McCain, il ribelle dell'Arizona

Mi colpisce sempre lo scarso interesse che i media nostrani sembrano avere per le elezioni che avvengono nel resto del mondo. Come se il fatto che nel mondo non si occupano dell'Italia richiedesse una vendetta. Così chi guarda il TG conosce i più irrilevanti particolari del gossip politico nostrano ma difficilmente sa qualcosa di John McCain, possibile (anzi dopo la Florida probabile) candidato repubblicano alle Presidenziali USA. Ed è un peccato, perché è un personaggio interessante e inquietante al tempo stesso.

Prima di tutto per il fatto di essere quasi un indipendente: franco, diretto, senza peli sulla lingua, non ha mai esitato a schierarsi contro Bush o con i Democratici quando riteneva fosse giusto. Sul suo Straight Talk Express, il bus della campagna elettorale rinominato Bullshit 1 dai giornalisti al seguito, McCain attraversa gli stati dell'Unione parlando con una franchezza quasi brutale, concludendo tutti i comizi con la frase "qualunque cosa accada, una cosa dovete sapere: I. Will. Always. Tell. You. The. Truth".

Un buon ritratto di McCain lo fa David Foster Wallace, che in Considera l'Aragosta ripubblica un brillante reportage originariamente apparso su Rolling Stone, scritto a bordo dello Straight Talk Express durante le Primarie USA del 1999. Nel reportage in cui Wallace analizza minuziosamente strategie, sensazioni e sottotesti del messaggio di McCain e dell'atmosfera del viaggio, una domanda emerge sopra le altre: quando McCain parla di Dire Sempre La Verità e comportarsi secondo il proprio senso dell'onore qualciuno gli crede Veramente, visto che sappiamo tutti che i politici mentono?

Eppure è difficile non considerare il fatto che quel politico che parla di onore (come tutti gli altri politici) nel 1967 è stato abbattuto sul cielo di Hanoi e si è fatto cinque anni di tortura, con ripetute rotture di vari arti (è la ragione per cui non riesce ad alzare le braccia al di sopra delle spalle) e altri particolari orripilanti che non volete sapere. Non solo: ha addirittura rifiutato di essere liberato se i suoi compagni di cella fossero restati in prigione. Per una questione d'onore. E, dice Wallace, questo getta una luce un po' diversa su cosa sia l'onore per l'uomo McCain, ancora prima che per il politico.

Questo forse getta anche una luce un po' diversa sul tipo di uomo che è McCain: per quanto un tale coraggio possa essere ammirevole, fa anche un po' paura: non si può fare a meno di chiedersi se ad alimentarlo ci sia una forza d'animo sovrumana oppure una base di fanatismo quasi spaventosa, o entrambe. Fanatismo, schiettezza, determinazione: McCain è il classico uomo forte del Sud Maschio Alfa Bianco Americano che non ascolta nessuno e agisce di testa sua spinto dalla forza più potente del mondo: la convinzione di avere ragione. Ma che sta anche facendo l'errore di dire agli elettori quello che pensa veramente invece di quello che vogliono sentirsi dire (ritiro dall'Iraq, tagli alle tasse, misure antirecessione).

McCain è antiabortista in un paese che è sì religioso, ma anche liberalista; è a favore della pena di morte in un momento in cui la si ridiscute, contrario all'assistenza sanitaria nazionale in un momento in cui moltissimi la chiedono, falco in questioni di Difesa e fautore del potenziamento dell'esercito e della permanenza in Iraq "per altri 100 anni se dovesse essere necessario" quando Iraq e 9/11 sono parole che hanno ormai nauseato l'opinione pubblica. Per di più, è indisciplinato e poco rispettato dalle gerarchie repubblicane, oltre che politicamente scorretto verso certe minoranze presenti nella base elettorale del suo partito (qualche giorno fa ha usato pubblicamente l'espressione "musi gialli" riferendosi ai vietnamiti - che ok, l'hanno torturato, ma sono passati anche 40 anni).

E ha 71 anni: troppo vecchio per due mandati, e troppo old establishment (ha alle spalle 25 anni tra Congresso e Senato) in un momento in cui l'America cerca il change nei giovani (Obama) e nelle minoranze (beh, Obama). Se McCain vincesse le primarie (più che possibile) o addirittura diventasse Presidente avrebbe fatto un piccolo miracolo, ma a noi resterebbe a capo del paese più potente del mondo un eroe di guerra che è anche un criptorazzista interventista, scarsamente interessato all'economia e poco propenso ad ascoltare i suoi consiglieri (ancora meno il suo partito) sulle questioni su cui ha opinioni forti: in una parola, imprevedibile. La buona vecchia massima brechtiana del "felice il paese che non ha bisogno di eroi" è sempre attuale.

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Non capisco

In Via Volta (ai margini dell'elegante quartiere di Brera) c'è una macelleria splendida, con della carne ottima, moltissimi piatti pronti da cuocere: sono siciliani, simpatici, gentili, alla terza volta che vai si ricordano di cosa hai preso le altre due. Ci sono anche i cannoli e la ricotta che arriva fresca da giù.
La bresaola - ottima - costa 2 euro e venti all'etto. Nei due supermercati vicino a casa (poche centinaia di metri più in là, e non verso il centro) la bresaola - pessima - costa dai 3 euro all'etto in su, dipende dai giorni. Alla Despar la bresaola affettata e imbustata sottovuoto costa 5 euro all'etto.

Il governo Prodi (di cui ho velocemente elaborato il lutto, considerando che lo teneva in piedi Sor Ceppaloni) ha abbassato l'Ires dal 33 al 28%. Per quanto riguarda le persone fisiche gli unici che pagano tante tasse come ai tempi di Silvio sono quelli dello scaglione più alto.

Forse i ricchi sono i nuovi poveri.

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