I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

19 maggio 2009

Frammento #10 - sbranarti intero

Quanto non mi piace di te amor mio in quel che a te si invide, divisore ultimo di vite già fatte a pezzi, smembra di palpebre erose e incrociate, e più che non mi piaci più a te mi affido.

Allarmi, sorprese, bocche confuse (dove finisco io?) e inattese, succede solo quello di cui non si ha paura, come guardarsi in uno specchio e chiedersi "chi cazzo è questa stronza?". 

Quanto non mi piace di me amor mio questo sbranarti intero, le ditine strazzate di chi sta al gioco ma non può capire quale, ti sei guardato allo specchio e ti sei chiesto la stessa cosa.

Etichette: , , ,

17 maggio 2009

Tribù, reloaded

Forse non tutti sanno che sto riscrivendo (per Apogeo) il mio libro sulla progettazione di community, uscito nel 2001 con il titolo "Le tribù di Internet". Sono arrivata a quella fase dell'editing in cui devo decidere se mantenere un gusto vintage al tutto, stile "ehi, guarda come sono figa, avevo capito tutto già 8 anni fa, ho giusto aggiunto qualche riferimento a Facebook" oppure se abbandonare le pigrizie e aggiungere tutto quello che ho imparato negli ultimi 8 anni.
Ovviamente ho già deciso, ma mi piace comunque sfoggiare i 10 imperativi categorici che avevo messo all'inizio di ogni capitolo: se sei molto, molto pigro (o sveglio) sintetizzano ancora oggi tutto quello che hai bisogno di sapere sui social media.
  1. La tribù è l'esaltazione dei singoli, non della massa
  2. Se non sai perché, come possono capirlo gli altri?
  3. Cosa cavolo sto facendo?
  4. Se non so a cosa serve, non mi serve
  5. Ci sono cose che si imparano solo sulla propria pelle
  6. Qualunque cosa succeda, sarà merito loro
  7. Rispettare gli altri? Inizio io!
  8. “Non si può non comunicare”
  9. La prima tribù a cui lavorare siamo noi
  10. 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana, 365 giorni all’anno

Etichette: , , ,

13 maggio 2009

Making worlds

Le Venice Sessions - un'iniziativa di pensiero collettivo promossa da Telecom e Nova - sono una di quelle classiche situazioni di pausa e sospensione del lavoro quotidiano che permettono alla testa di liberarsi e volare un po' più alto del solito, anche lontano dai temi trattati. Basta uno spunto per fare da trampolino a una serie di associazioni libere e ti trovi all'improvviso più ricco di idee, di energie, di tranquillità.

Ho partecipato il 12 maggio alla terza Session, dedicata ad arte e tecnologia e ho smesso di seguire il filo del discorso - apparentemente - sedotta dalla bellezza delle opere d'arte mostrate da Daniel Birnbaum, il curatore della Biennale di Venezia.

Mi sono resa conto che in realtà aspettavo solo di tirare i miei, di fili, il che è successo quando a conclusione della giornata Giovanna Amadasi, rispondendo alle (viete) critiche sull'improbabilità dell'arte contemporanea, ci ha ricordato che l'arte può essere pienamente vissuta (e apprezzata) solo quando viene vissuta nel suo dispiegarsi nella realtà, in un ambiente. Un affresco, un'installazione, un quadro, un murales per me sono medium oltre che messaggi e come tali producono senso solo se fruiti come l'artista li ha pensati.

E' questo secondo me anche il senso che ancora ci sfugge delle tecnologie, per ora rinchiuse in un computer che ci ancora a una realtà fisica - seppur sempre più mobile. L'interazione uomo-macchina produce mondi, che è esattamente il tema della prossima Biennale (Making Worlds): per ora questi mondi sono quasi esclusivamente cognitivi, interni al pensiero, ma sviluppano il loro potenziale soprattutto quando vengono completati ed esportati nella realtà fisica, della carne, degli atomi. Negli ultimi vent'anni abbiamo faticosamente imparato a sostituire gli atomi con i bit, nei prossimi rideremo di questo momento di passaggio, ormai completamente a nostro agio con una realtà in cui i bit potenziano gli atomi, quasi senza interfacce. Come? Qualcuno lo starà già inventando, noi per ora godiamoci il potere di trasferire menti e relazioni nate in rete nella realtà fisica, senza quasi più notare la differenza.

Etichette: , , , ,

11 maggio 2009

Del MateraCamp, per parlar d'altro

In questo blog ho sempre raccontato tanto di me e pochissimo della mia vita. Scrivere qui serve soprattutto a narrarmi quel che è successo in modo che acquisti un senso, forse l'unica cosa che ho imparato a fare per salvarmi. Qualunque vita può essere narrata e compresa a posteriori, anche se a volte succedono cose che richiedono la tua attenzione qui e ora, anzi, talmente impellenti che non c'è spazio per altro, tantomeno per scriverne.

A Matera per la prima volta da tanto tempo mi sono fermata a guardare e a raccontarmi quel che è successo, e ho potuto farlo anche grazie alla tenerezza, al rispetto e alla discrezione delle persone che ho incontrato. E' un caso che fosse un BarCamp? Non lo so. Da tempo ho smesso di sorprendermi della profondità delle relazioni che si stabiliscono in rete, anche con persone che normalmente considererei poco interessanti. Leggere qualcuno crea un legame che assomiglia a quello di sangue: puoi non piacermi, ma fai parte della mia vita e so chi sei. Se poi mi piaci anche, beh.

Io so di essere indecifrabile per molti. Così seria e così allergica alla seriosità, o almeno tale mi sento. E' un'affinità che basta a costruire legami forti e immediati con persone assai diverse, così come è una barriera per chi mi prende alla lettera. A Matera ho sasseggiato la mia secchioneria lasciandomi andare alla parte social del tutto, e neanche il sorriso di Clarita e l'energia di Catepol sono riusciti a distogliermi dall'intensità di vita che c'era nell'aria, anche quando magari c'era bisogno di far sentire un po' di più che il Camp è anche un evento di contenuto, non solo di incontro.

Non per me. Non in questo momento. Forse non in questa vita. Credo sempre meno che si possa controllare alcunché e decidere altro che non sia riconoscere che quel che succede ha un suo senso, per quanto improbabile. Questo nella vita e nel decidere a chi avvicinarsi e chi rimandare a un'altra occasione. Nel decidere se parlare o tacere, se proporre un tema e poi rinunciarci, nel giocare con o contro.

Come ogni volta torno a casa con la sensazione di aver voluto abbracciare tutti e di essere riuscita a farlo solo in parte, quindi lo faccio da qui.

Etichette: , , , , , ,