I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

25 novembre 2007

A volte

Rinunciamo al nostro consueto understatement professionale per pubblicare questa mail di ringraziamento di un (ex) cliente che ha illuminato queste giornate di pioggia, ché fare formazione/consulenza fa guadagnare bene, ma per due manovali della rete quali siamo io e il Vanz a volte fa sentire un po' tagliati fuori dal lavoro "vero".
Ciao Vanz, ciao Mafe

vi volevo raccontare brevemente la campagna web che sono riuscito a far adottare a SKY cinema per il lancio della serie Quo Vadis, Baby, perchè penso vi possa interessare e, spero, far piacere. Tra l'altro, mentre andavo avanti convincendo SKY ad adottare questa strategia, mi capitava spesso di venir incoraggiato dai vostri posti su Maestrini per caso.

Per farla breve: in primavera andrà in onda su SKY Cinema una miniserie prodotta da SKY e tratta dal film di Gabriele Salvatores. A me era stato chiesto di lanciare la serie sul web, promettendomi un sacco di materiale da mettere online (foto e video soprattutto). Anzichè fare il solito sito vetrina, mi sono detto, perchè non lasciamo che i contenuti vengano liberamente distribuiti da chi lo sa fare già benissimo.

Al centro di tutto abbiamo messo un normale blog che tenta di raccontare l'idea base della serie. Le foto di scena, anzichè metterle in una gallery fatta apposta, le abbiamo messe su Flickr. Da qui ne pubblichiamo una al giorno. E inoltre le portiamo in quei gruppi che ci sembrano affini. Visto che la serie è stata girata a Bologna ci siamo iscritti al gruppo di quelli che fotograno Bologna, e così via. Ogni volta cercando di presentarci semplicemente per quello che siamo. Stessa cosa faremo su YouTube appena avremo i video
Visto che alcuni personaggi della serie sono fortemente caratterizzati per i loro gusti musicali abbiamo creato per loro dei profili su Last.fm.
Per giocare e divertirci abbiamo aperto anche i loro profili su Facebook. E così via. Molti aspetti sono ancora abbozzati e su alcune strade stiamo più che altro sperimentando.

L'idea è insomma quella di buttare in rete una serie dai contenuti secondo noi molto forti e qualitativamente buoni (una serie diretta secondo standard cinematografici, una serie che si discosta dalle solite fiction italiane e aspira ad essere una serie "alla HBO") e lasciare che questi contenuti vengano fatti propri dagli utenti, trasformati, digeriti e risputati, e che (si) facciano venire voglia di vedere il prodotto finito.

Visto che alcuni degli strumenti che usiamo me li avete fatti conoscere voi, visto che i semi che ci avete lasciato qui qualcosa hanno fatto crescere, ci tenevo ad informarvi per primi del progetto.


E adesso stiamo a vedere se e quanto funziona :-)

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23 novembre 2007

Violenza sessuale 2.0

L'Istat diffonde i dati statistici riguardanti le violenze sulle donne in Italia, nell'anno del Signore 2006:
  • 1 milione e 400.000 donne ha subito uno stupro prima dei 16 anni.
  • sono circa 6.800.000 le donne fra i 16 e 70 anni (32%) che hanno subito un atto di violenza fisica o sessuale.
  • il 69,7% degli stupri sono commessi dal partner o comunque in ambito familiare.
  • nel 67,4% dei casi si tratta di violenza ripetuta, soprattutto in famiglia. il 91,1% della violenza sessuale (che avviene tra le mura domestiche o comunque nella cerchia dei conoscenti) è ripetuta.
  • la prima causa di morte delle donne tra i 14 e i 44 anni è la violenza subita da un uomo: più del cancro e degli incidenti stradali.
  • solo un quarto degli autori dei fatti viene imputato e solo l'8% e' condannato. alla fine, meno dell'1% del totale e' condannato.
  • L'estraneo è autore del 6% degli stupri. "La violenza dello straniero che assale la vittima per strada non rappresenta la maggioranza dei casi e dà del fenomeno un'immagine distorta" (Linda Laura Sabbadini, Istat, via ANSA).
Amenità correlata:
Il sito del Viminale non sembra avere news né documenti visibili sul rapporto, né ha una sezione dedicata alla violenza sessuale (nemmeno nella sottosezione Sicurezza). In compenso, 7 delle ultime 10 news riguardano l'immigrazione clandestina e i reati ad essa associati.

Qui gli altri blog che ne parlano.

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21 novembre 2007

Economie

Vale la pena di innamorarsi solo delle persone che scopri belle a un secondo sguardo.

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18 novembre 2007

Honor the conversation, marketer! (Weinberger allo IAB)

Credo sia giusto dare atto a una parte del marketing e dell'advertising italiano di aver fatto dei passi avanti. Parlando solo degli eventi che conosco da vicino, chiamare Weinberger allo IAB forum a parlare a una platea di puro marketing (qui il video) o affidare la tavola rotonda di apertura dell'EBA forum a dei blogger sono cose che solo 3 anni fa erano impensabili. Gli interventi di Layla Pavone e Mauro Lupi ad apertura degli eventi dimostrano competenza e consapevolezza dei cambiamenti avvenuti.
Però non basta.

Se 10 anni fa il marketing italiano predicava male (Internet è per pezzenti sfigati) e razzolava male, dieci anni dopo predica bene ma razzola ancora male. Presentare un relatore significa anche aderire ai suoi contenuti, o almeno riconoscere che quello che viene a insegnare sono best practice da seguire. Invitare Weinberger a parlare ai propri associati e ignorare tutte le sue indicazioni su come comunicare in Rete oggi non è più un faux pas: è [letto come] un atto consapevole.

L'invito più evidente di Weinberger allo IAB è "honor the conversation", cioè mettete in pratica tutte quelle attività necessarie a far sì che le persone possano discutere a partire da e attorno a i vostri contenuti. Ma IAB Forum pubblica l'intervento usando un sistema proprietario di Adobe che non consente né lo scaricamento, né l'embedding del video sui blog, né il più basilare e scontato spazio per i commenti. Non lo mette su YouTube se non in versione ridotta a cura di Blogosfere (e la pratica dell'estratto è quasi peggio della mancata pubblicazione). Non incoraggia la conversazione, non consente la disseminazione dei contenuti, non linka nulla. Non interviene ufficialmente in alcun thread di commenti sull'evento. Soprattutto, ancora una volta, non linka queste conversazioni.

Niente link contestuale al blog di Weinberger (il che è molto scostumato), niente link alla voce Weinberger su Wikipedia, niente rassegna dei blog che ne hanno parlato. Niente di niente: una cattedrale nel deserto. E questo nonostante gli inviti espliciti dello speech siano "put us in charge", "letting go of the information increases dramatically the value of your business", "no dead ends" (cioè niente pagine senza link in uscita).

Ora non so se sia il caso di chiarire che Zio Weinberger è una delle risorse più preziose che abbiamo oggi riguardo alla Rete. Non so se è il caso di dire che tutto quello che sentiamo rivelare allo IAB forum e all'EBA forum sono cose che [tra blogger] discutiamo da anni. Non so se è il caso di sottolineare che quello di cui si sta discutendo oggi in un barcamp sarà presentato tra un anno a Berlino o Parigi, e riportato, con l'aggiunta di un paio di brutte slide, tra due anni in un convegno dello IAB forum. L'abbiamo visto succedere con i microformati, le folksonomie, i mash-up, qualunque tema. Noi di queste cose abbiamo già parlato da tempo. Le sappiamo già. Questi eventi non sono per noi: sono per capirvi tra di voi.

E allora, associazioni di marketing, PR, advertising, se davvero volete capire fatevi un favore: entrate nella conversazione, e fatelo per voi stessi, non per noi consumatori. Il nostro stipendio non dipende dalla visibilità o dal page rank su Google. Noi queste cose le sappiamo già. Abbiamo già una rete di competenze che ci aiuta a scegliere i prodotti. Non siamo noi che abbiamo bisogno di voi, semmai viceversa, e appena le aziende se ne accorgono rischiate che vi ritengano inutili.
Vogliamo fare una gara a chi difende meglio la posizione acquisita o vogliamo aprire una conversazione? Noi consumatori siamo disposti a discutere, anzi moriamo letteralmente dalla voglia di discutere. Accettarci come interlocutori è una vostra scelta, ma sia chiaro che non siamo noi che ne abbiamo bisogno.

17 novembre 2007

Un'idea comunista per la Pod Conference

Vorrei ringraziare pubblicamente Lele per aver pensato di coinvolgere i blogger nella presentazione di Chris Anderson. E' vero che l'incontro non ha aggiunto molto al libro (qualcosina sì però), ma è comunque stato molto interessante vedere all'opera su un palco un grandissimo divulgatore, abile sia nella parte espositiva sia nel rispondere alle domande. La Long Tail è una delle più intelligenti letture della realtà degli ultimi vent'anni: è una tendenza da riconoscere e individuare, non da provocare e progettare. Compriamo ciò che troviamo da comprare, non ciò che sceglieremmo: impensabile non tenerne conto se fai marketing (nel male, continuando a limitare artificialmente la scelta; nel bene, estendendo appena possibile l'offerta).
Come hanno prontamente notato gli organizzatori dell'evento (l'associazione The Ruling Companies) i blogger presenti non hanno solo approfittato dell'occasione, ma hanno contribuito ad animarla, online (live blogging e documentazione fotografica) e soprattutto sul posto, con domande competenti e interessanti per tutti.

Unica nota stonata, la comprensibile riluttanza di Chris Anderson a venire a cena con noi. Comprensibile perché a cena con noi non ci sono andata neanch'io (80 persone? tutte insieme?), stonata se pensi a tutti i "pari ruolo" di Anderson che sono stati ben contenti invece di fare due chiacchiere informali con la "scena milanese", da David Weinberger a Ben Hammersley passando per Dave Winer, Joi Ito and so on.

Il disappunto per il reiterato rifiuto di Chris Anderson mi ha fatto mettere a fuoco cosa non mi torna della "pod conference" ideata da Marco Formento: è che a me piacerebbe, come regola, che il relatore non si facesse pagare. Di solito, al contrario, preferisco che il relatore sia pagato e bene (soprattutto quando sono io, smile): per quanto riguarda la "pod conference" mi sta bene pagare tutte le spese (e un altissimo livello di italian pampering), però secondo me, a istinto, la cosa funziona se chi accetta l'invito capisce che sarà una giornata di scambio reciproco, non di sfruttamento, e quindi non retribuita.

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16 novembre 2007

Death by Powerpoint



Ma anche questo, e questo, e questo thread di commenti.

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Nitrato d'argento

E' così triste annoiarsi al cinema, perché quando un film ti porta via è il nirvana.

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14 novembre 2007

Il preservativo antipirateria

Capiamo tutti che la pirateria è un problema, per i distributori cinematografici. La logica direbbe che un fenomeno reso possibile - anzi inevitabile - dallo sviluppo tecnologico e culturale non si può combattere: l'unica strada per restare più o meno in sella è adattarsi e cercare di accompagnarlo con attività collaterali.

Se un film lo distribuisci anche a pagamento in formato digitale, magari in alta definizione, molti tra quelli che lo scaricherebbero saranno disposti a pagarlo (iTunes docet). Soprattutto se glielo fai pagare IL GIUSTO e gli dai gli inserti speciali. E se questo uccide la sala cinematografica e la distribuzione in DVD, pazienza: vuol dire che era tempo. Guadagnerai meno, ma stai in sella.

Fai il caso di Beowulf, l'ultima fatica (onestamente, piuttosto sprecata) di Zemeckis in motion capture per teenagers: non solo la Rete è piena di screenshot e filmati più o meno rubati, ma il film stesso è già nei circuiti di peer-to-peer, indicizzato su Google. E non è ancora uscito nelle sale.

Gli studios americani questo lo sanno, e si stanno adattando sia sul marketing (video virali, buzz sui blog per teenager, progetti speciali) sia sul versante tecnologico, per esempio girando in 3D ad alta definizione (Beowulf è girato e proiettato in 3D sia nelle sale normali che negli IMAX).

Cosa fanno invece i distributori italiani? Organizzano la solita anteprima per un pubblico di giornalisti (della fascia d'età sbagliata) proiettando il film in una sala NON 3D. Ma siccome in italia siamo sempre quelli furbi, che ti danno per impedirti di portarti via una screenshot (di cui Internet è già piena?). Il preservativo per cellulare do-it-yourself.

Poi, dice, perdiamo posti di lavoro.
Ragazzi, svegliatevi.

12 novembre 2007

Forse qualcosa potremmo capire?

In un (piuttosto brutto) film che si chiama la Voce della Luna, Fellini fa dire a uno dei personaggi "se tutti facessimo un po' di silenzio, forse qualcosa potremmo capire". Un one-liner con vaghe reminiscenze buddiste che vuol dire tutto e niente. Ci penso, ultimamente, perché ho la sensazione che abbiamo perso un po' tutti il controllo delle corde vocali, o delle tastiere.

E' in corso, mi pare, una corsa collettiva all'esprimere analisi, trovare soluzioni, prendere misure urgenti. Rispetto a cosa, mi pare sia poco chiaro a tutti. C'è un'emergenza criminalità di cui non si vedono segni se non in casi cronaca nera che non trovano riscontro statisticamente nel quotidiano. Ci sono paure che si suppongono diffuse ma non si riesce bene a identificare: si agisce in base al dogma che esistono, quindi bisogna fare qualcosa. C'è un'emergenza urlata dai media della quale non capiamo la natura, e loro si guardano bene dallo spiegarcela. C'è una corsa alla ricerca di soluzioni immediate e drastiche per la cura di mali sociali indefiniti le cui quantità e qualità sono ancora meno misurabili. Sono nella maggior parte proiezioni di paure interiori che non hanno una causa, solo un brodo di coltura nel quale proliferano. Se, come sembra, il brodo è la paura stessa, ci troviamo davanti a un circolo vizioso che si autoalimenta. Molto pericoloso.

Sorge il sospetto che la rincorsa al punditismo che vediamo da più parti (anche e soprattutto da quella dei blogger) sia il tentativo di non perdere il passo con ciò che non si controlla, nonché una forma di autodifesa rispetto più che a qualcosa che non capiamo, a qualcosa che temiamo di non poter capire e perciò ci spaventa. Pericoloso, ripeto, perché la cultura forzata dell'emergenza permanente non appartiene naturalmente al genere umano, quindi tende a generare mostri.

Il sospetto è che questa emergenza perenne (il terrorismo, la criminalità, fino a casi risibili come lo spauracchio di una minaccia statisticamente inesistente come la pedofilia attiva) risponda a un'agenda che ha come obiettivo diffondere un'insicurezza tale da giustificare misure estreme, che possono andare da un tutto sommato innocuo (per noi) chiudere i confini, al giustificare un grado di controllo poliziesco sulla popolazione che non avremmo tollerato in tempi di non-emergenza (e quelli che viviamo lo sono, se ci fermiamo un attimo a pensarci).

Forse è davvero il caso che tutti ci prendiamo un attimo di silenzio, se qualcosa vogliamo capire. A partire dai telegiornali, a partire dalle piccole indignazioni quotidiane, a partire dai post scritti sull'onda dell'emozione senza analizzare i fatti. Forse, fermandoci un attimo e guardando quello che ci circonda, guardando le persone che abbiamo attorno, cercando di capirle senza anteporre giudizi, forse qualcosa riusciremo a capire.

It's still working girl

Quest'anno ho imparato tre cose su di me e sui simpatici ambienti chiamati aziende.

La Bella Maria
La prima è una conferma di una cosa nota: tutti hanno un prezzo, ma io non ho ancora scoperto il mio, perché nessuno cerca di comprarmi. Da qui, il corollario: se dici a tutti che non sei in vendita, ci crederanno (è un po' come quando dici a un uomo che non cerchi una relazione seria).

Karen Crowder
La seconda cosa è molto più interessante, in termini di insight: nel simpatico mondo della consulenza si sopravvive molto meglio quando capisci (e accetti) che tutti hanno un capo. Questo vuol dire sopportare meglio le decisioni sbagliate della persona con cui hai a che fare, a qualunque livello stratosferico di potere sia. Tutti hanno un capo e spesso anche dei buoni motivi. Sì, è anche deresponsabilizzante, ma solo se non hai un'etica (e io darei via volentieri 5 centimetri di altezza e almeno metà della mia).

Lady Heather
L'ultima cosa che ho verificato sul campo è che il modello vincente di interazione donna/azienda (sia dall'interno, sia come consulente) è il bondage sadomaso. Ci ho messo mesi a intravvedere i risvolti sessuali del lock in, ma è stata l'illuminazione definitiva. Sei gentile? Sei elegante? Sei educata? Nascondilo e falli sentire come se non fossero degni di baciarti le scarpe (d'altra parte quasi tutti hanno già una moglie [cit]).

Se - vedi sopra - non sei in vendita e hai un'etica, l'unica speranza di carriera (per avere più soldi, da scambiare in fretta con più vestiti e/o con un pensionamento privato anticipato) è il modello Elizabeth I: innamorarsi di tutti e restare vergine.

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11 novembre 2007

Il matrimonio del mio migliore amico

A un certo punto ci siamo scambiati i ruoli.
Io ero estroversa, socialmente instancabile, la buffona, quella capace di far parlare anche un muro, il "mito", come mi chiamavano le mie amiche, e solo perché dicevo sempre quello che pensavo, e spesso quello che pensavo era "Scopiamo?".
Quella era la Mafe single, una Mafe che non esiste più da 14 anni, ma talmente viva dentro di me che mi meraviglia sempre quando gli altri non la vedono e mi trattano come se io fossi sempre stata una signora sposata, che mette un po' soggezione, una che quando fa una battuta ridi più che altro per il sollievo.
Per amore ho abbandonato la mia vita socialmente disordinata come si cambia un vestito che si è infilato lui: viaggi, amici, avventure, donne, tante, sempre molto belle, sempre troppo innamorate o comunque destinate a scomparire. Lui ha smesso le sue timidezze e come me ha trasformato le sue inquietudini, ma in immagini; negli ultimi anni non si è fermato un attimo, divertendosi molto, ma un po' soffrendo di questa suo sfarfallare senza mai desiderare di guardare più a fondo, non più avanti. Fino a lei.
E oggi che mi arriva l'invito al matrimonio di mio fratello con una donna che ADORO! [tm] mi chiedo se ci scambieremo ancora qualcosa, e se sì, se stavolta invece sarà qualcosa che condivideremo.

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10 novembre 2007

Talk to me like lovers do

Perché Twitter rimanga un salvavita per i tempi morti ho deciso di rimuovere (a volte a malincuore) chi:
  • spamma troppo (i suoi post, i suoi successi, i suoi cazzi)
  • prende sul serio tutto ciò che scrive e che legge
  • ha gli update protetti
Adoro invece chi cazzeggia, chi chatta, chi sfotte, chi destabilizza.

Se fossi un mio follower, mi rimuoverei senza pietà. D'altra parte, probabilmente non mi leggerei neanche. A questo punto mi chiedo se passerei del tempo con me o mi darei del lavoro. Sicuramente mi innamorerei perdutamente di me stessa, ma uno di quegli amori infelici, in cui non puoi fare a meno di una persona che trovi insopportabile.

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08 novembre 2007

Lettera da Berlino

Caro Cliente,

è per te che lo faccio. Bruxelles, adesso Berlino e tra un mese Parigi: a questi convegni internazionali non si impara niente. Nel migliore dei casi si consolidano definizioni e dati e si condividono problemi e stati d'animo; nel peggiore, si combatte con la tentazione di saltare sul palco e insegnare al relatore un paio di cosette (prima di tutto, come si parla a un pubblico competente).
Non si impara niente, non si sente niente di nuovo, ci si stanca molto e si soffre, rinchiusi in ambienti inospitali con una città da visitare là fuori. Eppure continuerò a partecipare, finché grazie a te me lo posso permettere.

E' per te che lo faccio perché è a te che serve sapere che altre persone in altri paesi condividono quello che dico, quello che faccio e come lo faccio; il fatto che in questi eventi si sentano sempre le stesse cose (che sono quelle cose che ti dico da quando lavoriamo insieme) è per te una garanzia che la direzione è chiara e che il talento oggi è nella realizzazione, non nella strategia. Facciamo quindi un passo avanti, perchè ti assicuro che oggi, in tutto il mondo, a prescindere dalla penetrazione della rete e dall'alfabetizzazione informatica:
  • le community (chiamale se vuoi social network) generano un sacco di traffico ma poca pubblicità in proporzione, e non perché la pubblicità lì non sia vendibile, ma perché quella che cercano di metterci è pensata per altre contesti ("community user is not in buying mode", Christian Leybold, BV Capita);
  • non hanno ancora capito come fare se un utente viola la legge (nonostante in Europa ci sia una direttiva comunitaria abbastanza esplicita in proposito), ma sono tutti d'accordo che è la legge che deve cambiare, perché non si può frenare un cambiamento già avvenuto "(the change is in the number of infringements", Oliver J. Süme, Attorney-at-law, Richter & Süme);
  • vince chi porta il proprio contenuto in tutti gli altri siti (vedi Google e YouTube), non tutti gli utenti sul proprio (che è una mission impossibile); se ancora non hai digerito i link ad altri siti, preparati a regalare direttamente ad altri siti i tuoi contenuti/servizi (Dion Hinchcliffe);
  • ha speranze di sopravvivere solo chi continua a sedurre i clienti anche dopo che hanno acquistato (Kathy Sierra e la splendida metafora della brochure e del manuale, sfavillanti le prime, mortali i secondi);
  • rispettare gli standard è la chiave per applicazioni stabili, scalabili, distribuibili e confortevoli per chi deve usarle (Jeremy Keith);
  • le attuali metriche (offline e online) sono un aiuto alle decisioni, ma non potranno mai descrivere la complessità dei comportamenti dei tuoi utenti ("analytics measuring metrics on a site alone has become an increasingly smaller part of what happens with content", Andreas Weigend);
  • progettare un'esperienza a cui non sia possibile rinunciare richiede passione, entusiasmo, coraggio e immaginazione, non benchmarking e forecast (Jesse James Garrett);
  • vince chi integra le statistiche del sito con la propria esperienza e creatività relativamente alle loro esigenze, e che questa cosa non sarà mai completamente automatizzabile (From Pages to People: Behavioral Targeting).
Sono tutte cose che so già e per questo mi paghi, però io so anche che sei più tranquillo quando ti racconto o ti scrivo che lo sanno anche in Germania, in Belgio, in Francia, negli USA, in Giappone o in Corea. E anch'io sono più tranquilla e meno disperata a scoprire che noi che lavoriamo per permetterti di usare al meglio la rete abbiamo gli stessi problemi a convincerti delle nostre ragioni, a prescindere dal paese e dalla cultura, e che quindi stiamo lavorando in sintonia tutti verso lo stesso obiettivo.

Per quanto io sia convinta delle mie posizioni sarei disposta a cambiare idea anche oggi pomeriggio se qualcuno me ne desse motivo, ma il non doverlo fare mi rasserena nonostante questa Berlino piovosa e indecifrabile.

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05 novembre 2007

Lo zeitgeist in una tagcloud

E' incredibile quanto i microformati e vari sistemi di condivisione e organizzazione dei dati ci semplifichino la vita oggi, tanto che forse tendiamo a dimenticare com'era prima.
Se 5 anni fa avessi voluto fare una tagcloud dei termini di ricerca più frequenti su Google (ammesso e non concesso che sapessi cos'era, una tagcloud) non avrei avuto i dati né il modo di farla.
Tre anni fa avrei probabilmente dovuto scrivere a Google per farmi mandare un Excel.
Oggi bastano il feed RSS delle ricerche più frequenti e TagCrowd, e in 3 minuti eccola qui.

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