Frammento #10 - sbranarti intero
Un diario dove cazzeggiamo annotando onori e orrori della vita su internet (e non solo), dal nostro osservatorio privilegiato di maestrini per caso.
Il sole come lama, tu che mi affetti di luce e mi svolti, la sabbia fredda di pietroline, scalzi verso un mare che curvetta e inchina e ammicca. Della Sardegna quel che mi resta delle troppe volte che mi hanno amata è la terra, terra da pascolo, terra che si frantuma in sabbia, terra da masticare con le ruote, terra che mi piego a prendere in bocca, sfrenata di chilometri difficili da interpretare, i chilometri che percorri per arrivare a baciare quel sole che entra dalla finestra e mi percorre e fuori è il Bastione, sempre lontanissimo il mare. Terra percorsa in bici alleggerite di qualunque cosa impedisse di correre verso le nostre opposte fini, terra sudata a piedi, salite e mai arrivi, buchi e pietre e scogli e come unico premio l'acqua, a lavar ferite e umori. Terra di carni aspre e vini pesanti e notti poco adatte al sonno, notti di grida e risvegli continui a trovarti. Non si dovrebbe arrivare in aereo in Sardegna, mai. La fretta uccide, piango e guardo fuori mentre troppo veloce arrivo e troppo veloce riparto e rallentare diventa la regola che non sappiamo giocare. Laminati dal vento, dispersi tra parole, le uniche vere proprietà che ci restano socialmente consentite.
Questa sei tu, tu e quel sapone buonissimo che hai rubato in albergo e che non usi mai per non consumarlo. Aprilo, butta la plastichina, mettilo nel portasapone. Usalo anche nella doccia, sfiniscilo. Tutto quello che hai tenuto da parte per un momento speciale, usalo o buttalo. Mangia il boccone più buono per primo. Non bere il vino solo perché hai il bicchiere pieno.
L'uomo intero, olistico, panico, l'uomo che sapeva amare al punto da non poter fare altro che amarsi e amarmi e amarci, l'uomo che o è sì o è no, l'uomo che la realtà non esiste, ma non vedi che non sei qui, pillola rossa, pillola blu, fa la magia tutto quel che vuoi tu.
Quest'estate io e il mio fidanzato abbiamo deciso di fare le vacanze separate, che lui dice che io ho un calo del desiderio e che prima che finisca tutto meglio fare un tentativo. Io il calo non è vero che ce l'ho, è che lui una sera me lo voleva mettere dietro il divano a casa della zia Luisa e io ero a disagio, ma solo perché secondo me quella non pulisce mai.
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Io al liceo avevo due set di amiche, le Belle e le Troie. Ovviamente i due insiemi si sovrapponevano, sia come legami sia come caratteristiche: la distinzione era dovuta più che altro al posizionamento sociale, alla durata dei fidanzamenti e alla capacità di suscitare amore oltre che ormone. Incrociando queste variabili, io ero nettamente la più Troia e la meno Bella (considerandone altri, non ero la più Troia, ma restavo sempre la meno Bella).
Forse questa settimana io e le Belle riusciamo a passare qualche minuto insieme dopo una ventina d'anni. Io resto l'elemento sparigliato: un solo marito e nessun figlio.
Una è la mia migliore amica dai tempi del catechismo, quando però non ci parlavamo perché lei era così bella che mi metteva soggezione e le mie altre amichette dicevano di non fidarmi. Nell'ultimo anno ci siamo ritrovate quasi come ai tempi in cui io passavo più tempo come quinta figlia a casa sua che dai miei, un rapporto non più di teste sullo stesso cuscino ma di sms e fugaci incontri clandestini quando lei capita a Milano o io a Roma.
L'altra mi ha stanato su Facebook ed erano tanti anni che avevo voglia di quei nostri pomeriggi di cazzeggio a pucciar nocciole nella Nutella, ridendo perché io riuscivo a tirar fuori il suo lato da teppa dietro l'apparenza di un'eleganza disturbante.
L'ultima era il mio alter ego di successo, alta come me ma bruna, l'eterno amore di uno che voleva tutte tranne me, lei corteggiatissima io no, ma sempre così disposte a provare tutto da provare a scambiarci anche gli uomini (cioè veramente io). Daniela che ha sofferto tanto e tanto goduto ma quasi come hobby, non per togliere importanza alle sue storie ma per attribuirle questa capacità soprannaturale di vivere tutto così intensamente da abbagliare.
Tra di loro non sono mai state veramente amiche, un po' per competizione un po' perché l'elemento in comune ero io, che come sempre poi nella mia vita ho fatto da catalizzatore delle loro stranezze, invisibili a quasi tutti gli altri. Le ho amate di testa, di pancia e di carne e le amo ancora, al punto che vederle tutte insieme, forse lascio perdere. E' anche per loro (e certo non solo loro) che il resto della mia vita l'ho dedicato a fare amicizia con gli uomini, che dopo di loro di donne così interessanti ne ho incontrate assai poche in vent'anni.
Maestrale. Fa male tutto.
La maglietta bianca di Max Mara, quella proprio candida, color neve, che si allaccia dietro al collo. Fa malissimo. Sciogliere le scarpe di corda è impossibile.
Il vento fresco, la luce radente, le ombre che si allungano.
Le principali città italiane in ordine alfabetico dalla C alla U. Moltissime parole che prima non usavo. Cercare la carta d'identità, avere credito, svegliarsi e non trovarti e meravigliarsene come di una morte.
Slegarsi e riannodarsi i capelli. Non dormire e non avere sonno, mai.
La pelle, fa male. Se non ti è mai capitato non puoi capire. Brucia da sotto, come se ci fosse un veleno che scorre. Acqua purissima, aria in vena.
Vorresti poter svuotare l'Ipod in un cestino vero, vorresti poter avere delle cassette per tirar fuori il nastro e farne un cappio, maledici lo shuffle che pare ispirato da una potenza nemica.
Mordicchiarsi il braccio aiuta. Mordere forte fa stare meglio, ma spaventa gli altri. Mi lecco l'ascella come un gattino al sole.
Posso stare ore al sole a leggere, questo sì.
Da quando ti conosco corro veloce, questo sì.
Prendo mille decisioni al minuto e le disattendo tutte.
Ridere so ancora ridere, amore mio.
Mi sdraio su quel letto e sono impenetrabile, sono la ragazzina che spegneva la sveglia mille volte, non ancora me neanche nel nome, non certo insonne. Mi sdraio su quel letto e ho dodici anni e tu non te ne accorgi e non capisci che se non chiudi la porta io non esisto, perché a dodici anni serve una porta chiusa per avere un mondo.
Sì, sì, possiamo. Possiamo scendere nel buio e metterci le mani addosso, quando vuoi. Però mi devi pagare.