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25 marzo 2007

Seminari di tutto il mondo, unitevi

Il bell'editoriale di Marco d'Eramo sul manifesto di oggi fa il ritratto di un Papa disperato e solo. Un uomo fuori dalla storia ormai senza contatto con il paese e con il proprio gregge. Sconfitto e ossessionato dal "relativismo etico" - che i suoi stessi fedeli spesso applicano a scelte importanti della loro vita - incapace di comprendere i tempi, si chiude in una "febbre identitaria" che lo allontana ancora di più dal resto del mondo, una disperazione che lo affonda in una sorta di cupio dissolvi.

Analisi suggestiva che forse trascura il fatto che Ratzinger non è solo e sa di non esserlo. La sua scelta di schierarsi contro l'Europa laica risponde a un disegno preciso condiviso sì da una minoranza del suo gregge, ma una minoranza molto attiva, che ha l'obiettivo di portare lo scontro (di culture e civiltà, perché quelle che si contrappongono sono la cultura confessionale e quella laica) su un piano più alto, partendo dalle questioni etiche fino a arrivare alle scelte politiche, senza mediazioni o compromessi. Chi abbia mai cercato di discutere con la corrente più reazionaria di CL sa cosa intendo.

Non è un rinchiudersi a difesa del proprio orticello: è un'offensiva, certo dovuta anche al fatto che l'orticello si sta restringendo da sé (se sei in difficoltà, provoca un'escalation). E se è vero che la maggioranza dei cattolici italiani non sente sua questa battaglia, è altrettanto vero che c'è una minoranza organizzata che a partire dal laboratorio del Meeting di Rimini e da un'occupazione nepotista a livello locale delle cariche pubbliche e private, da decenni lavora per arrivare a questo punto: è a loro e non al fedele generico che sta parlando Ratzinger. Non farei l'errore di considerare questo Papa fuori dal tempo e la sua battaglia già fallita: è pienamente in linea con un'offensiva globale per aumentare il potere delle gerarchie religiose sulle società civili, fino ad arrivare al governo (chi sta pensando che ci sono già non ha tutti i torti). In passato ci si è riusciti anche in paesi più laici dell'Italia, e si è partiti sempre da qui: l'identità religiosa, le radici confessionali, il diritto di tutte le chiese a deliberare sulle scelte individuali e politiche.

(sorry: il parallelo tra Ratzi e Leonida, condottiero solo contro 20.000 persiani, è di Marco D'Eramo ed era troppo gustoso per non approfittarne)

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13 febbraio 2007

L'ansia di non capire

Provo il massimo disprezzo per chi approfitta del momento di volontaria debolezza di un'altra persona. Ammissioni, confessioni, coming out, autosputtanamenti sono momenti socialmente sacri, chi ne approfitta si pone oltre il giudizio possibile. Anche per questo non avevo ancora espresso pubblicamente la mia solidarietà a Lia, perché ho vigliaccamente preferito non pensarci (se ci pensavo saliva la voglia di sfruttare qualche anno di fit boxe e il mio metro e ottanta). Il privato è privato anche quando una persona lo rende pubblico, questa è per me una norma sacra di convivenza civile.

Provo una sensazione molto simile - disagio, inquietudine, le sinapsi che si accavvalano e si appappano - quando non capisco qualcosa che ha a che fare con la religione. Io e la religione abbiamo litigato da piccole (letteralmente: l'idea di paradiso e di eternità mi faceva più paura del buio, i dogmi erano in conflitto con ciò che leggevo e studiavo con conseguente appappamento sinaptico precoce, l'idea di mio padre che credeva "perché sì" era davvero diseducativa. Sì, ero ancora più rompicoglioni di adesso).
Non potete allevare dei piccoli con la logica e poi cercare di convincerli che io e mio marito (sposati in chiesa, senza figli) siamo una famiglia e i miei amici P. e L., conviventi con due bambine no. Non capisco, mi innervosisco, scatta il turpiloquio, anche perchè i miei governanti perdono tempo prezioso a dribblare tra Pacs, Dico e Pico solo perché non abbiamo il coraggio di accettare il matrimonio tra gay. Diciamolo.
E qui per una volta mi appappo per colpa dei laici, cioè per chi "rifiuta" il matrimonio civile per motivi che a me sembrano ideologici, cioè (volo, salto e caduta) tutto sommato religiosi. Il matrimonio è un contratto, i significati sono sovrastruttura, la sovrastruttura è cognitiva, il cognitivo è personale. Qual è il problema del contratto di matrimonio? La fedeltà? L'obbligo di assistenza? Aiutatemi a capire, che ho tutte le sinapsi attorcigliate. O coppie felici che volete godere dei diritti civili della coppia, perché Dico sì e matrimonio no?

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