I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

2 aprile 2008

Spinozità

Non è dato sapere se un albero che cade in una foresta deserta fa rumore, ma posso svelarvi che gli orgasmi solitari sono praticamente sempre silenziosi.

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24 marzo 2008

Dell'amatoriale e del professionale

Ho sempre pensato che BlogBabel sia una delle migliori dimostrazioni dei risultati che si possono raggiungere mettendo insieme un gruppo di persone competenti senza una regia interessata o un cliente pagante. Ho sempre pensato anche che lo stile di relazione di questo gruppo di persone ricorda un po' troppo quello del GCN, il Gruppo Coordinamento News che gestisce la gerarchia .it in Italia (Usenet) e che si è sempre preso un po' troppo sul serio (pur con picchi di autoironia, va detto).

Io apprezzo BlogBabel, anzi, come scrivevo su Twitter ieri, è un servizio professionale che sarei disposta a pagare, al pari di FeedBurner o MyBlogLog. Ho stima e simpatia per la maggior parte delle persone che ci lavorano, anche se ho la sensazione che qualcuno non ricambi (ma me ne sono fatta una ragione).

Ho come la sensazione che il nervosismo per alcune polemiche reiterate, l'oggettivo fanatismo di un tot di blogger che paiono avere la loro posizione in classifica come unica ragione di vita e una notevole mancanza di esperienza in termini di customer care (dove impari in fretta a farti rimbalzare le critiche estranee ai fatti) portino spesso gli amici di BlogBabel a reagire in modo esagerato (Cfr Kill Bill), in alcuni casi come l'ultimo addirittura infantile.

E' vero che BlogBabel è un servizio amatoriale, ma è anche vero che il fatto che venga percepito da moltissimi come un servizio professionale è indice della sua qualità. E' vero che ci sono difficoltà oggettive nel permettere la cancellazione dei blog da parte del proprietario, ma è anche vero che questa appare come una richiesta legittima che non può essere rifiutata (a prescindere dai toni e da chi la richiede).
E' vero che la maggior parte delle mail della lista sono inutile rumore, ma a questo punto - eccheccazzo - chiudete la lista, non il servizio. Alla milionesima mail che chiede aiuto in lista invece che con "l'apposito form" il dubbio che forse la lista crea più confusione che utilità dovrebbe sorgere anche nelle menti più sequenziali.

Ludo non perde occasione per esprimere il suo disagio e il suo disprezzo nei confronti dei "blogger italiani", ma andarsene via portandosi dietro il pallone non depone esattamente a favore della sua maturità. Credo che abbiamo perso tutti un'occasione per stare zitti (io compresa).

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19 marzo 2008

Orgasmo #3738

Esemplare particolarmente significativo, dal tipico avvio ampio e mediamente gradevole ma con immediata escalation ondulatorio-progressiva tipica dei reperti più rari. Alla penetrazione - erezione completamente raggiunta, umori limpidi, scorrimento fluido - nella posizione nota come "cucchiaio" segue in rapida successione rallentamento paradossale della velocità, rotazioni alternate del busto, urla, follia, scene di panico, epinefrina e successiva crisi di risa, pianto, risa, schiaffone, sangue dal naso, altro schiaffone, coma cerebrale, fase REM.

Il nostro team è attualmente al lavoro per cercare di replicare l'orgasmo #3738 in laboratorio. Emergono due sostanziali percorsi di studio: la correlazione tra durata del periodo di attesa e qualità dell'esperienza (che pare inversamente proporzionale, considerando che il rapporto precedente risaliva a poche ore) e l'applicazione della potenza del continuo al numero di rapporti consecutivi in assenza di periodo di latenza (o, se vi piace la musica italiana, di paranza).
La coppia Z_1b, impegnata nel secondo studio, è attualmente ricoverata nel reparto di terapia intensiva del County General di Chicago, ma entrambi chiedono coraggiosamente di tornare al più presto al lavoro.

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16 marzo 2008

Human Rights for China - the Olympics countdown

14 marzo 2008

Lacie Silverscreen: quando ti capita la sòla

Quattro mesi fa ho comprato un multimedia hard disk Lacie Silverscreen per guardarmi le serie TV. Ho scelto un Lacie perché so che Lacie è tradizionalmente un'azienda che presta attenzione agli utenti Mac. Non c'è voluto molto per rendermi conto che il Lacie si inceppava di continuo e riproduceva più di metà dei file a scatti. Difettoso, ho concluso. Ho contattato l'assistenza e dopo un mese di dibattito sono andato personalmente fino in culo al mondo di Milano per accertarmi che l'assistenza capisse esattamente qual era il problema. Dopo più di un mese il responso dell'assistenza è stato: formattato con successo,
settori verificati con successo. In pratica, mi hanno fatto un checkdisk. L'avevo già fatto, gliel'avevo pure detto.

Il che mi conferma una cosa: il multimedia hard drive Lacie non è affatto "multimedia", ma un semplice hard drive con un processore e architettura inadeguata per riprodurre file video. Cioè un hard disk venduto a un prezzo più alto. E non mi sorprende affatto che Marco Formento sia giunto alla stessa conclusione, sullo stesso Lacie.

Quello che mi chiedo è: da qui al momento della mia (lontanissima) dipartita io spenderò tra casa e ufficio qualcosa come un centomila euro di hardware. Lacie si rende conto che per ciularmi la differenza di 30 euro tra un hard disk qualunque e uno multimedia, ignorando quello che avevo da dire sul prodotto, ha rinunciato a una qualunque percentuale di quei centomila euri, perché io mai più comprerò un qualunque prodotto Lacie da qui alla mia lontanissima dipartita? E soprattutto, gliene fregherà qualcosa?

E qualuno ha un multimedia hard drive che funzioni veramente, da consigliarmi, in modo che io possa fare un post che si intitola XXX è meglio di Lacie?


Update: anche Massimo Mantellini parla male di Lacie

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9 marzo 2008

I pezzi su Punto Informatico [NoLogo] li scrive Dr Jekyll: cerco di essere pacata, di prendere un po' di distanza, ogni tanto una zampata, ma con spirito costruttivo. Quando Mr Hyde prende il sopravvento lo lascio andare, sapendo che poi se proprio devo posso pubblicare qui. Questa per esempio la versione rabbiosa di "Di bit in peggio":

Ci sono due motivazioni alla base delle scelte che l'azienda media compie in rete: "lo fa qualcun altro" oppure "siamo i primi a farlo!!!".
L'ossessione tipicamente markettara del "me too" si sposa perfettamente con l'ossessione infantile tipica del manager medio di poter dire al superiore di aver fatto qualcosa che nessun altro mai, ma senza correre rischi. Questo è tanto più vero se considerate che di solito la richiesta è di fare qualcosa che hanno già tutti gli altri, ma per primi.

L’ossessione di arrivare “uno” è disturbante soprattutto in una situazione in cui attività come “registrarsi su Flickr e aprire un gruppo di foto di scarpe” richiedono un paio di riunioni, un preventivo, un’offerta, la richiesta di aprire una mail aziendale ad hoc, 118 slide di copia & incolla di screenshot di Flickr, il brain storming per scegliere il nickname e un documento che definisca come distinguere una foto di scarpe dalle altre. Delle due l'una: o il management medio non solo italiano condivide un unico neurone, e neppure funzionante, oppure - come credo - il mondo della rete, con i suoi valori e il suo linguaggio, è talmente lontano dal mondo delle aziende che alla fine uno dei due sostituirà l'altro. Si accettano scommesse.

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4 marzo 2008

Per tutte quelle donne

Quando qualcuno dice che Natale è per i bambini a me viene sempre in mente che per me Natale aveva senso finché era viva mia nonna. E' come se avessi avuto solo 30 Natali a disposizione: all'ultimo lei era già riottosa e ostinata e "incazzusa", come si dice a Taranto, però tutti noi nipoti (otto) le avevamo regalato un televisore nuovo, che il suo aveva una specie di patina gialla di filtri impazziti, e per un pomeriggio sembrava la solita nonna di sempre. Per lei Natale era quel giorno in cui si mangiava tutti in salone (i bambini nel tavolo a parte), con i piatti di porcellana e le posate d'argento: il suo albero era sempre il più bello di tutti, a noi nipoti grandi regalava dei soldi però appesi all'albero, ai generi sempre un regalo uguale, quattro camicie, quattro bottiglie di vino, quattro cravatte, quattro. Io arrivavo presto e lei aveva già cucinato tutto, mi ha insegnato il trucco di svegliarmi all'alba per far le cose pallose e poi godersi la giornata, io arrivavo presto e guardavo i pacchetti e grattuggiavo il parmigiano per i tortellini, che dovevano cuocere rasi di brodo, mai annacquati, per carità.

Mia nonna era tutto quello che avrei voluto essere: elegante, indipendente, prepotente, dura, affascinante, sicura, intelligentissima. Ultima di nove figli, aveva studiato a Firenze, lontano da casa, in un'epoca in cui le donne a stento finivano le medie e quando sono nata io lavorava (insegnava Educazione Artistica). Aveva sempre le Tic Tac in borsa e fumava le Gala, pur di non farsi vedere in disordine si sarebbe buttata sotto un tram.

Mia nonna mi detestava nella mia adolescenza sciatta e mi criticava quando sbagliavo con gli uomini, soprattutto quando sembravo non capire che avrei potuto "rigirarmeli tutti intorno al dito mignolo" e avevo un bel dirle che non era tra le mie priorità, per lei "con le foto dei corteggiatori bisognava poter giocare a carte - carte francesi". Era bella assai, più bella di mia madre, che è più bella di me: insieme a noi due nelle serate che da bambina e poi da ragazza passavo da lei che faceva finta di leggermi le carte c'era sempre anche una sua sorella vedova, Zia Cesira, che era una di quelle donne che non si sono accorte di essere invecchiate e appesantite e si muoveva con una grazia visibile solo se dallo sguardo capivi che si sentiva ancora una ventenne irresistibile. Zia Cesira si lamentava perché quando mi chiamava io facevo finta di non sentirla: per un certo numero d'estati abbiamo diviso la camera di destra, in campagna, quelle estati lente in cui al pomeriggio si "flittava" e noi bambini eravamo bloccati in camera perché in salone c'era il veleno e fuori la controra, e io leggevo e leggevo e leggevo e lei mi chiedeva delle cose e io già allora non è che facevo finta, proprio non la sentivo. Zia Cesira odiava andare a messa e faceva sempre in modo di fare tardi a prepararsi, poi diceva con tono saputo "basta l'intenzione" e io di questa capacità di far fesso il creatore me ne sono servita fin troppe volte, nella mia vita.

Con queste donne formidabili alle spalle non potevo che crescere maschiaccio, e perduta, e disordinata, finché poi non mi sono repentinamente sposata, e in abito bianco, e prima di avere 30 anni, giusto in tempo per vederla ancora in prima fila, magrissima, elegantissima, vecchissima eppure ancora capace di far tardi e far ridere tutto il tavolo prima di ritirarsi. Quanto le piacerei oggi, me lo dico senza falsa modestia: tutto quello che ho fatto di buono e di bello l'ho fatto pensando alla sua approvazione, a quando mi riavviava i capelli e mi prestava una borsetta che "senza una donna non può farsi vedere", lei e il suo eterno impermeabile di Burberry's e il foulard e le spille, quanto ti piacerei oggi nonna Nella, anche quando faccio la buffona perdendo un po' di classe o mi inoltro in radure che non si sa bene dove condurranno.

Sarà che dopo di lei sono successe cose che mi hanno per un po' fatto passare la voglia di famiglia, ma senza di lei non santifico più le feste e quando penso di chiamarla, che a star lontani ci si distrae e si dimenticano i morti e i vivi, poi penso che sono otto anni più o meno adesso e non sono mai stata triste che sia morta, perché grazie a lei io, ancora oggi, nonostante tutto, viaggio leggera.

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2 marzo 2008

La potenza delle donne

Un po' di tempo fa avevo trovato il coraggio di raccontare qui una serie di violenze grandi e piccole subite dagli uomini nel corso degli anni. Il coming out vero e proprio era sulla mia incapacità di denunciare, anzi, ridiciamola tutta: sulla mia tendenza a vergognarmi e a sentirmi in colpa come se la colpa fosse mia.

Oggi che vedo che Donna Moderna [disclaimer: è un mio cliente] invita a dire "No alla violenza" e leggo la provocazione di Toscani sulle "colpe delle donne" nella violenza subita, un po' mi girano, un po' capisco, e ritiro fuori razionalmente quello che un po' di tempo fa avevo elaborato a caldo con un "facciamo qualcosa". Riecco i miei 2 cent di qualcosa:

Facciamo qualcosa: innamoriamoci di uomini gentili. Mandiamo in bianco i macho. A un metaforico ballo della scuola andiamoci con Peter Parker, smettiamola di bagnarci solo se arriva SpiderMan. Basta con questo mito del cinismo, dell’uomo duro, del “nondevechiederemai”. Quelli che non sanno chiedere spesso prendono.

Facciamo qualcosa: educhiamo uomini gentili. Smettiamola di insegnare ai nostri figli che possono divertirsi con le sgualdrine e sposare le brave ragazze. Cerchiamo di insegnare loro che rispettare le donne è parte del diventare adulti. Non giustifichiamo i nostri uomini (figli, fratelli, amici) quando non rispettano le donne, fosse anche solo scomparire la mattina dopo.

Facciamo qualcosa: impariamo a stare da sole. Una donna che se la sa cavare da sola non ci pensa due volte a mandare al tappeto chi la stupra, la usa, la maltratta, la picchia. Soprattutto se abbiamo dei figli, basta essere disposte a tutto pur di avere un uomo nel letto.

Facciamo qualcosa: proteggiamo le nostre figlie, sorelle, amiche, ma non coltivando l’odio per il maschio in quanto tale. Aiutiamoci a proteggerci dagli uomini sbagliati, non da tutti gli uomini, e a capire la differenza.

Poi serve tutto il resto, certo, leggi, strutture, pene giuste, assistenza, meno machismo, modelli culturali diversi. Pero’ se non inizi tu a migliorare il mondo, chi?

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27 febbraio 2008

L'equivoco del Blackberry

Tu che mi guardi con pena profonda mentre cammino digitando sulla tastiera del telefonino, non far confusione: se non avessi il telefonino, dovrei essere seduta a una scrivania.
Invece passeggio per negozi e molto più spesso lo guardo perché voglio, non perché devo.
E voglio perché dentro ci sono le persone che più mi piacciono.
E in nessun altro modo potrei passare così tanto tempo con loro.

Tu che pensi che io invece di dedicarmi a te cazzeggio col Blackberry perché sono ormai dipendente dalla tecnologia, consolati: sono solo molto maleducata e tu mi stai annoiando a morte.

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25 febbraio 2008

Capitolo 1: il galateo di Facebook

Dieci-quindici anni fa su Internet c'erano solo alcuni ambienti/strumenti di interazione pubblica, le cui dinamiche si erano definite e autoregolate nel corso degli anni. Chi entrava per la prima volta in IRC o nei newsgroup imparava presto poche, semplici regole su come comportarsi. A tutt'oggi la Netiquette si basa sulla preziosa esperienza maturata in quegli ambienti: tutte le community Web che sono seguite negli anni successivi, dai forum ai blog, l'hanno adottata quasi senza bisogno di adattarla.
Negli ultimi 2-3 anni è emersa una quantità di ambienti di community che si basano su interazioni diverse da quelle tradizionali: Twitter e Facebook sono ambienti che hanno funzioni e tempi fondamentalmente diversi. Forse è ora di dare una rinfrescata alla Netiquette.


Part 1: FACEBOOK
Le nuove (inter)azioni introdotte dal social network, dal votarsi reciprocamente al mordersi sul collo al tirarsi pecore, implicano una nuova serie di fastidi che possiamo arrecare agli altri (come se ce ne fosse bisogno). Ecco cosa non fare su Facebook, e perché:

1. Attenzione alle notifiche
Facebook è progettato in modo che ogni azione si propaghi esponenzialmente. In sostanza è un virus, e questo è alla base del suo successo, ma è anche causa di un enorme numero di mail e notifiche indesiderate, che vengono inviate a tutti i tuoi contatti. Le notifiche funzionano in modo diverso a seconda delle varie applicazioni e si possono (teoricamente) evitare: quando si è in questa schermata è meglio assicurarsi che i propri contatti siano deselezionati ("selected (0)") e cliccare il pulsante di SKIP che si trova in alto a destra. Se un'applicazione ti costringe a spammare i tuoi amici per continuare, torna sulla home, clicca Applications - edit e disinstallala. Solo così impareranno.

2. I vampiri non divertono più nessuno
All'inizio era divertente, ma dura circa due settimane poi non ne puoi più di gente che ti morde per farti diventare un vampiro, uno zombie o un lupo mannaro. Lo so: l'ho fatto. Chi ci si diverte faccia pure, ma si limiti a combattere con chi ha già scelto di partecipare al gioco. E se uno non risponde ai tuoi attacchi, fagli la cortesia di lasciarlo stare. E' davvero il minimo.

3. Il Poke è morto
Il mimare un'azione concreta sembrava la vera rivoluzione di Facebook, e presto ne nacquero mille varianti tra cui l'ormai mitico lancio della pecora (peraltro copiato da un videogame). Poke e Superpoke hanno caratterizzato i primi anni di Facebook ma ultimamente, correggetemi se sbaglio, non se ne ricevono quasi più. Era ora. Se proprio vuoi farlo, sii creativo o almeno colto: lancia ai tuoi amici un filosofo e aggiungi dei contenuti originali. Puoi anche attaccarci una pecora.

3. Su Facebook non si tromba
Le ore-uomo impiegate a sviluppare applicazioni di dating su Facebook sono pari solo alle ore investite nel cercare di sedurre qualcuno senza riuscirci. La seduzione su Internet avviene attraverso le parole e le idee, al massimo le foto, non con le strizzatine d'occhi, i flirt virtuali o le similitudini nei risultati dei test (Likeness). Le hai già fatto l'occhiolino, mandato fiori, lanciato una pecora e lei non ti ha risposto con pari entusiasmo? Non te la dà. Pensi che sarà tua solo perché avete lo stesso risultato in un test? Chiamami: ho un inceneritore a Pianura da venderti.

4. Se hai voluto la bicicletta, adesso pedala
Una delle possibilità più utili offerte da Facebook è scoprire cosa gli altri pensano di te, anonimamente, con il Compare People. Ma le nuove notifiche che indicano con chi sei stato paragonato - e persino intuire chi è stato - stanno già rompendo il giocattolo. In ogni caso, se vuoi giocare devi essere disposto a giocare, e con il Define Me ci si può anche fare male. E' un bel gioco finché qualcuno non ci rimette un occhio. A tuo rischio e pericolo.

5. Gli altri non vogliono far parte di un club che ti accetta come membro
Il fatto che tu trovi divertentissimo che esista un gruppo che si intitola "E anche oggi non ho fatto un cazzo" o quello per la Liberazione della Figa (o qualcosa del genere) non significa che lo sia veramente. E sì, c'è un milione di persone che odia Berlusconi senza bisogno di andare a spammarle, e no, non è possibile nutrire un bambino africano con un clic. E se non ho aderito al tuo divertentissimo gruppo non è perché la tua mail è finita nello spam, ma perché era un'idiozia. Cessa e desisti.