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16 giugno 2008

Imparare a liberare utenti e contenuti

La settimana scorsa ho avuto l'onore di assistere a presentazioni di alcuni nuovi servizi web dei quali non parlerò in dettaglio perché non so bene se posso farlo (ma anche perché lo scopo del post è un altro). Prima di tutto, lo scopo è di di rallegrarmi del fatto che sembra finalmente che tornino i finanziamenti su progetti coraggiosi, che vanno oltre il tradizionale venture capitalism all'italiana - cioè basati su business consolidati come games o suonerie. Mi congratulo quindi con quelli che mi hanno invitato (voi sapete chi siete) per il coraggio nel tentare strade nuove.

Il secondo scopo del post vorrebbe essere costruttivamente critico e non riguarda solo i servizi che ho visto presentare, ma alcune pratiche di progettazione e sviluppo che mi sembrano un po' superate, o almeno che mi pare si possano mettere in discussione.

La prima è quella di partire con un'idea precisa e definita di come sarà il servizio, progettarlo, svilupparlo e solo dopo darlo in pasto agli utenti. Che è un processo sensato o perlomeno consolidato se progetti uno spazzolino, meno se disegni un servizio immateriale che basa il suo successo sul tasso di adozione e la risposta a bisogni molto più sfumati, soprattutto se sono bisogni che hanno a che fare con la sfera sociale. Eternal beta, agile programming e i principali casi di successo del cosiddetto 2.0 dimostrano che raramente alla fine gli utenti faranno del tuo servizio quello che pensi vogliano farci. Certo esistono casi esemplari in questo senso: Dopplr è usato per fare esattamente quello per cui è progettato, ma è anche un servizio molto specifico e di nicchia, mentre molti altri casi di successo (Flickr, Twitter) sono nati per uno scopo e si sono trasformati nel corso del tempo grazie all'uso che gli utenti ne hanno effettivamente fatto.

Per questa ragione diventa sempre più importante mettere subito online un servizio, e osservare attentamente come lo usano le persone, senza aver paura che gli utenti ne scoprano nuovi usi o addirittura ne modifichino la natura: qualunque prodotto è delle persone che lo useranno, non di chi l'ha progettato (e troppo spesso i progettisti e gli sviluppatori NON sono i primi utilizzatori del loro prodotto).

Un'altra cosa su cui mi pare si possa discutere, sempre legata alla precedente, è il fatto che mi pare ci sia una scarsa disposizione a lasciare agli utenti libertà a cui hanno diritto. La logica è ancora quella dell'industria tradizionale: io decido cosa ti serve, lo progetto come secondo me ti serve, te lo fornisco e tu lo usi con tutte le limitazioni che ti impongo. Questo riguarda soprattutto libertà delicate e sempre più pressanti, come quella di importare il proprio social network senza doverlo ricostruire ogni volta (il che ora è reso possibile dalle social API di Google). La gelosia per il proprio database utenti è superata: abbiamo finalmente accettato che linkare all'esterno porta nuovi contatti, è il momento di capire che aprire il DB utenti porta nuovi registrati.


Mi arrischio ad affermare (ma correggetemi) che quasi nessun servizio italiano ti consente di mettere liberamente a disposizione i contenuti indicando quale licenza possa essere applicata. L'esempio di Flickr, che lascia scegliere quale Creative Commons utilizzare, mi sembra resti lettera morta. Quindi lo scenario è quello di applicazioni che sono ancora giardini recintati, in cui l'utente non ha libertà né di esportare/importare i propri dati, né di concedere agli altri la libertà di usare i propri contenuti (che sono di proprietà dell'utente, NON del servizio) secondo regole precise.

Dare un servizio di upload video e non permettere all'utente di specificare una Creative Commons perché "non consentiamo lo scaricamento dei video" non è una soluzione. Come la mettiamo se io come utilizzatore VOGLIO che gli altri scarichino e remixino i miei video? Come la mettiamo col fatto che qualunque impedimento tecnologico allo scaricamento dei video è aggirabile, e col fatto che mi state mettendo nella situazione di infrangere la legge per quello che dovrebbe essere un mio diritto?

Liberiamoli, questi contenuti: non solo è ecologia di Rete, ma è l'unico modo in cui possono essere impiegate licenze precise di utilizzo. Le Creative Commons sono nate apposta per tutelare i contenuti, sono nate apposta per responsabilizzare le persone: non trattateci come bambini, non spingeteci alla pirateria.

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9 Commenti:

Alle 6:14 PM, giugno 16, 2008 , Blogger yeridiani ha detto...

Azz.. il Vanz quando scrive queste cose (e con questo stile..) è una libidine...

Che detta in altro modo .. mi sento un po' meno solo..

 
Alle 8:01 PM, giugno 16, 2008 , Blogger Alberto ha detto...

Sottoscrivo, quoto e ringrazio.

 
Alle 11:44 PM, giugno 16, 2008 , Blogger Federico Fasce ha detto...

Sono assolutamente d'accordo, ma questo credo tu già lo sappia :)
Ti segnalo però questo piccolo post, che mi sembra assolutamente interessante e in linea con il tuo post: http://theobvious.typepad.com/blog/2008/06/most-companies.html

Fammi sapere che ne pensi. Io sto riflettendo tra questo e Stowe Boyd appena passo questo periodo di fuoco, ne scrivo. Credo che questo genere di riflessioni sia parecchio importante.

 
Alle 11:01 AM, giugno 17, 2008 , Blogger vanz ha detto...

@Federico oggettivamente non ho abbastanza esperienza di progetti di enterprise 2.0 (che mi sembrano piuttosto rari in Italia) per giudicare. il sospetto però è che le storture della cultura aziendale italiana (sospetto, competizione negativa, gelosie, paraculismi) più che di nuovi strumenti e ambienti abbiano bisogno di rivoluzioni culturali di altro tipo. generazionali, forse.

 
Alle 10:38 PM, giugno 17, 2008 , Blogger Federico Fasce ha detto...

Concordo. Però io inizio a vedere molti segnali di lavoro "a rete" e questo mi sembra un buon inizio, positivo, se non altro. Se quelli bravi (almeno nel nostro ambiente) si mettono a lavorare così, condividendo le competenze, unendosi in gruppi ad hoc e via discorrendo, credo che le aziende che pensano vecchio cominceranno ad annaspare.
Deve partire da noi che ci crediamo, direi :)

 
Alle 9:49 AM, giugno 19, 2008 , Blogger vanz ha detto...

ah su questo non c'è dubbio: le aziende che pensano vecchio stanno già annaspando, anzi non è un bello spettacolo vedere lo spaesamento con cui cercano di capire in che era le ha depositate la macchina del tempo.

 
Alle 12:46 PM, luglio 03, 2008 , Blogger Mauro ha detto...

vanz, visto in ritardo, credo daro' la colpa a google reader ;)
in effetti tutto quanto scrivi e' condivisibile, arriverei quasi a dire che e' ovvio. in particolare riguardo al beta perenne, che e' quello che stiamo facendo; sul provare a progettare l'utilizzo vs lasciare che l'utente sia piu' libero: io credo che la chiave sia "progettare poco", soprattutto progettare la semplicita'. sullo sharing dei contenuti UG: confesso che non ci sono dentro abbastanza, help needed.

 
Alle 3:27 PM, luglio 03, 2008 , Blogger vanz ha detto...

forse, più che progettare la semplicità progettare la chiarezza dell'idea.

Twitter si capisce subito cos'è. Friendfeed richiede un pochino di più ma se usi twitter è intuitivo.

Jaiku è meglio di dentrambi, ma non si è mai capito veramente quale fosse il singolo bisogno a cui rispondesse. infatti non ha sfondato.

(poi, non è così semplice :)

 
Alle 12:46 PM, luglio 28, 2008 , Anonymous raffaella ha detto...

ciao vanz, a proposito di questa frase:
"Mi arrischio ad affermare (ma correggetemi) che quasi nessun servizio italiano ti consente di mettere liberamente a disposizione i contenuti indicando quale licenza possa essere applicata."
Ti segnalo i Diari di Viaggio di Viaggiare.it. Qui le foto sono tutte sotto licenza CC, ed e' l'utente che sceglie sotto quale licenza pubblicare le sue imamgini.

 

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