Imparare a liberare utenti e contenuti
La settimana scorsa ho avuto l'onore di assistere a presentazioni di alcuni nuovi servizi web dei quali non parlerò in dettaglio perché non so bene se posso farlo (ma anche perché lo scopo del post è un altro). Prima di tutto, lo scopo è di di rallegrarmi del fatto che sembra finalmente che tornino i finanziamenti su progetti coraggiosi, che vanno oltre il tradizionale venture capitalism all'italiana - cioè basati su business consolidati come games o suonerie. Mi congratulo quindi con quelli che mi hanno invitato (voi sapete chi siete) per il coraggio nel tentare strade nuove.
Il secondo scopo del post vorrebbe essere costruttivamente critico e non riguarda solo i servizi che ho visto presentare, ma alcune pratiche di progettazione e sviluppo che mi sembrano un po' superate, o almeno che mi pare si possano mettere in discussione.
La prima è quella di partire con un'idea precisa e definita di come sarà il servizio, progettarlo, svilupparlo e solo dopo darlo in pasto agli utenti. Che è un processo sensato o perlomeno consolidato se progetti uno spazzolino, meno se disegni un servizio immateriale che basa il suo successo sul tasso di adozione e la risposta a bisogni molto più sfumati, soprattutto se sono bisogni che hanno a che fare con la sfera sociale. Eternal beta, agile programming e i principali casi di successo del cosiddetto 2.0 dimostrano che raramente alla fine gli utenti faranno del tuo servizio quello che pensi vogliano farci. Certo esistono casi esemplari in questo senso: Dopplr è usato per fare esattamente quello per cui è progettato, ma è anche un servizio molto specifico e di nicchia, mentre molti altri casi di successo (Flickr, Twitter) sono nati per uno scopo e si sono trasformati nel corso del tempo grazie all'uso che gli utenti ne hanno effettivamente fatto.
Per questa ragione diventa sempre più importante mettere subito online un servizio, e osservare attentamente come lo usano le persone, senza aver paura che gli utenti ne scoprano nuovi usi o addirittura ne modifichino la natura: qualunque prodotto è delle persone che lo useranno, non di chi l'ha progettato (e troppo spesso i progettisti e gli sviluppatori NON sono i primi utilizzatori del loro prodotto).
Un'altra cosa su cui mi pare si possa discutere, sempre legata alla precedente, è il fatto che mi pare ci sia una scarsa disposizione a lasciare agli utenti libertà a cui hanno diritto. La logica è ancora quella dell'industria tradizionale: io decido cosa ti serve, lo progetto come secondo me ti serve, te lo fornisco e tu lo usi con tutte le limitazioni che ti impongo. Questo riguarda soprattutto libertà delicate e sempre più pressanti, come quella di importare il proprio social network senza doverlo ricostruire ogni volta (il che ora è reso possibile dalle social API di Google). La gelosia per il proprio database utenti è superata: abbiamo finalmente accettato che linkare all'esterno porta nuovi contatti, è il momento di capire che aprire il DB utenti porta nuovi registrati.
Mi arrischio ad affermare (ma correggetemi) che quasi nessun servizio italiano ti consente di mettere liberamente a disposizione i contenuti indicando quale licenza possa essere applicata. L'esempio di Flickr, che lascia scegliere quale Creative Commons utilizzare, mi sembra resti lettera morta. Quindi lo scenario è quello di applicazioni che sono ancora giardini recintati, in cui l'utente non ha libertà né di esportare/importare i propri dati, né di concedere agli altri la libertà di usare i propri contenuti (che sono di proprietà dell'utente, NON del servizio) secondo regole precise.
Dare un servizio di upload video e non permettere all'utente di specificare una Creative Commons perché "non consentiamo lo scaricamento dei video" non è una soluzione. Come la mettiamo se io come utilizzatore VOGLIO che gli altri scarichino e remixino i miei video? Come la mettiamo col fatto che qualunque impedimento tecnologico allo scaricamento dei video è aggirabile, e col fatto che mi state mettendo nella situazione di infrangere la legge per quello che dovrebbe essere un mio diritto?
Liberiamoli, questi contenuti: non solo è ecologia di Rete, ma è l'unico modo in cui possono essere impiegate licenze precise di utilizzo. Le Creative Commons sono nate apposta per tutelare i contenuti, sono nate apposta per responsabilizzare le persone: non trattateci come bambini, non spingeteci alla pirateria.
Etichette: agile, beta, copyright, creative commons, diritti umani, progettazione, web 2.0, web design
9 Commenti:
Azz.. il Vanz quando scrive queste cose (e con questo stile..) è una libidine...
Che detta in altro modo .. mi sento un po' meno solo..
Sottoscrivo, quoto e ringrazio.
Sono assolutamente d'accordo, ma questo credo tu già lo sappia :)
Ti segnalo però questo piccolo post, che mi sembra assolutamente interessante e in linea con il tuo post: http://theobvious.typepad.com/blog/2008/06/most-companies.html
Fammi sapere che ne pensi. Io sto riflettendo tra questo e Stowe Boyd appena passo questo periodo di fuoco, ne scrivo. Credo che questo genere di riflessioni sia parecchio importante.
@Federico oggettivamente non ho abbastanza esperienza di progetti di enterprise 2.0 (che mi sembrano piuttosto rari in Italia) per giudicare. il sospetto però è che le storture della cultura aziendale italiana (sospetto, competizione negativa, gelosie, paraculismi) più che di nuovi strumenti e ambienti abbiano bisogno di rivoluzioni culturali di altro tipo. generazionali, forse.
Concordo. Però io inizio a vedere molti segnali di lavoro "a rete" e questo mi sembra un buon inizio, positivo, se non altro. Se quelli bravi (almeno nel nostro ambiente) si mettono a lavorare così, condividendo le competenze, unendosi in gruppi ad hoc e via discorrendo, credo che le aziende che pensano vecchio cominceranno ad annaspare.
Deve partire da noi che ci crediamo, direi :)
ah su questo non c'è dubbio: le aziende che pensano vecchio stanno già annaspando, anzi non è un bello spettacolo vedere lo spaesamento con cui cercano di capire in che era le ha depositate la macchina del tempo.
vanz, visto in ritardo, credo daro' la colpa a google reader ;)
in effetti tutto quanto scrivi e' condivisibile, arriverei quasi a dire che e' ovvio. in particolare riguardo al beta perenne, che e' quello che stiamo facendo; sul provare a progettare l'utilizzo vs lasciare che l'utente sia piu' libero: io credo che la chiave sia "progettare poco", soprattutto progettare la semplicita'. sullo sharing dei contenuti UG: confesso che non ci sono dentro abbastanza, help needed.
forse, più che progettare la semplicità progettare la chiarezza dell'idea.
Twitter si capisce subito cos'è. Friendfeed richiede un pochino di più ma se usi twitter è intuitivo.
Jaiku è meglio di dentrambi, ma non si è mai capito veramente quale fosse il singolo bisogno a cui rispondesse. infatti non ha sfondato.
(poi, non è così semplice :)
ciao vanz, a proposito di questa frase:
"Mi arrischio ad affermare (ma correggetemi) che quasi nessun servizio italiano ti consente di mettere liberamente a disposizione i contenuti indicando quale licenza possa essere applicata."
Ti segnalo i Diari di Viaggio di Viaggiare.it. Qui le foto sono tutte sotto licenza CC, ed e' l'utente che sceglie sotto quale licenza pubblicare le sue imamgini.
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