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11 luglio 2007

33%

Avete visto lo spot Somatoline? C'è qualcun altro che si sente preso per il culo in modo francamente poco tollerabile?
Lo riassumo: la solita modella scheletrica nella solita casa di favola si spalma languidamente il suo Somatoline e si sdraia a letto in topless. Ripresa aerea che mostra quanto sono in rilievo le sue costole e quanto sono lunghe le sue tibie.

Con preso per il culo non mi riferisco al fatto che l'unico modo per dimagrire è mangiare meno e meglio e fare sport: quello lo sappiamo tutti ma abbiamo comunque il diritto a farci consapevolmente illudere. Mi riferisco alla cosiddetta selling proposition: "snellisce fino al 33% in 2 settimane". Qualcuno mi spiega 33% di cosa? Del peso corporeo? Della circonferenza delle cosce? Di visibilità delle costole? Di quanto si peserebbe se si mangiassero salsicce a colazione tutti i giorni? (Poi magari funziona, eh? Non sto discutendo questo).

Lo cito solo perché mi ricorda un discorso che si faceva qualche sera fa paragonando lo spot D&G che si chiude con un ciak (secondo la mia interlocutrice un raffinato svelamento della falsità cinematografica e quindi pubblicitaria, secondo me una boiata) con lo spot Dove Evolution (secondo me un brillante ed efficace svelamento delle falsità del mercato dell'immagine, secondo lei una boiata).

Il punto non è chi ha ragione, ma quale funziona. Dove ha funzionato viralmente (quella cosa che tutti vogliono ma nessuno riesce a creare a tavolino) perché non dice quello che il pubblicitario pensa che il popolo bue dovrebbe voler sentirsi dire, ma quello che gli spettatori sapevano già e non vedevano l'ora qualcuno gli dicesse apertamente: l'immagine è il prodotto, quello che vi vendono non è una soluzione ma il sogno di poter comprare una soluzione, quindi siamo veramente sicuri di voler continuare a inseguire un canone di bellezza irraggiungibile e vivere nella frustrazione?

Che poi quella di Dove è un'ovvietà, volendo, ma un'ovvietà che parla alle persone vere, che hanno ascoltato e risposto perché sapevano che quello che gli si stava dicendo era vero. Bottom line: sempre più questo genere di pubblicità funziona quando è in grado di proporre un messaggio riconosciuto come vero o plausibile, quindi accettato attivamente dall'audience, sempre meno se il messaggio è ruffiano, palesemente truffaldino o semplicemente privo di contenuto. E, aggiungo, sempre più per essere credibili e accettabili bisogna saper essere, parola temo impronunciabile nel mondo della comunicazione, sinceri. Perché oggi ti sgamano. Oh se ti sgamano. (In realtà secondo me ti sgamavano parecchio anche ieri, ma questo al pubblicitario non glielo diciamo, che non sia mai che mi va in crisi).

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19 febbraio 2007

Brodo di coltura

Chi legge i giornali online? Se fossero tutti come me, nessuno. Da quando sono atterrata in rete (1995/6) ho sempre trovato poco attraenti i media tradizionali e molto interessanti i media personali, anche quando pochi li consideravano tali (ma le recensioni di film su it.arti.cinema o su cinema-l degli anni '90 sono ancora molto più toste delle recensioni di film sui blog negli anni '10). Interessanti nel senso proprio della qualità informativa, non solo della loro natura "sociale", che a molti non interessa o addirittura inquieta.
Mai capito chi "leggeva" Virgilio, Italiaonline & co; mi sono appena scaldata con Punto Informatico e Repubblica.it, ma solo per le "breaking news". Neanche Clarence mi ha mai appassionato, perché era "web": ci ho messo anni a sentire il calore umano scorrere anche su protocollo http.

Ma non sono tutti come me (grazie al cielo, direte voi) e oggi i media tradizionali online hanno un pubblico numeroso, anche se forse poco esigente e stimolante. Perché?
Parlando del Corsera che va a caccia di traffico con metodi à la Cronaca Vera (sesso, soldi, sangue) vale la pena ricordare che tra il 2000 e il 2003 c'è stata la crisi del nascente mercato pubblicitario online, ammazzato dal mito del clicktrough e dall'eccesso di aspettative miracolanti (della morte della page view, invece, parliamo un'altra volta). Chi ha tenuto in vita i vari Libero & Co? Ma i banner porno, signori e signore. I banner con signorine che facevano su e giù, li avete dimenticati? I banner dei casinò. I banner dei dialer. L'iniziale pruderie per cui i banner e i contenuti venivano vagliati con ansia vaticana (almeno dove lavoravo io) ha DOVUTO lasciare il passo alla sopravvivenza.

Ma chi clicca su quei banner? Il pubblico passivo dei siti informativi italiani in quegli anni si è autoprofilato in base alla pubblicità, più che al contenuto (che comunque era si è dovuto adattare agli inserzionisti, come sempre). Chi ha un approccio attivo alla rete (chiamiamolo wreader) a mio parere ha abbandonato il web passivo qualche anno fa anche per questo motivo e oggi, abituato all'interazione e alla qualità delle fonti che si è scelto, fa fatica a tornare indietro e a ritrovare valore nelle testate tradizionali (anche quando c'è).

I siti che ai tempi non hanno accettato l'invasione porno+scommesse+dialer (tra cui, se non ricordo male, il Corsera) hanno dovuto fare i conti con un prosciugamento spaventoso di risorse e il crollo della reputazione in azienda, con la creazione di veri e propri ghetti professionali e di budget da cui i reparti "web" degli editori si stanno faticosamente liberando negli ultimi tempi, grazie al +42% dell'anno scorso (o pensate davvero che le decisioni in una casa editrice le prendano i giornalisti? I giornalisti hanno l'unico potere di dire "no", per questo lo fanno così spesso - non sempre a ragione, non sempre quando dovrebbero - e tendono a sembrare prepotenti).

La soluzione è sempre quella, far girare la girella: i contenuti, ricchi, seri, approfonditi, verificati. Anche su carta vincono le testate fatte bene, non quelle che assecondano i lettori. Il wreader è laico e veloce a tornare sui suoi passi, se ce n'è motivo: inseguendo il target porno+casino Corsera sta semplicemente accettando un'escalation che dà ragione a chi in Via Solferino ha sempre considerato di serie B i lettori (e i budget pubblicitari) del web.

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