Sindrome di Stendhal al MOMA
Il bello è che entri e c'è subito Hopper. Come a dire: ok, questo sarà anche il MOMA, culla e tempio della pittura contemporanea e quindi astrattismo, informalità e concettuale a manetta, ma questi sono pur sempre i vecchi Stati Uniti d'America, dove una pompa di benzina è una pompa di benzina, un faro è un faro e una donna nuda seduta su un letto in una stanza spoglia inondata di luce è prima di tutto esattamente quello: una donna nuda seduta su un letto in una stanza spoglia inondata di luce.
Siamo pragmatici e concreti, qui, nei vecchi States.
Poi cominciano a fare sul serio, e inizia l'ottovolante, ovvero un labirinto di stanzoni talmente zeppi di sorprese inaspettate dietro ogni angolo che ti chiedi se non segua leggi fisiche tutte sue, tipo cinque dimensioni o geometrie non euclidee.
E giri un angolo e c'è lo shock fisico dei segnacci neri di Franz Kline che ti investe, e allora per sfuggire a tanta intollerabile violenza (che hai semopre troppo amato) cambi stanza e t'accolgono in un abbraccio le sfumature ambient di Rothko, che ti par di sentire Brian Eno che suona nella stanza a fianco, che poi però quando giri l'angolo, ci sono. Tre. Persone. Sedute su una panca. E una fottuta parete intera di ninfee di Monet che le inghiotte e ti inghiotte.
Scappi che ti manca quasi l'aria e nella stanza successiva ti prende il desiderio di stappare una bottiglia di vino per un simpatico déjeuner sur l'herbe, perché è come se fossi entrato nel negozio di giocattoli dell'impressionismo. Che hai sempre rispettato ma mai amato, quindi fuggi un attimo in cerca di pittura più amica e non devi fare molto: dovunque vai, qualunque angolo giri, trovi tutta gente che veneri da quando avevi 14 anni e hai aperto il primo libro di storia dell'arte.
Uh guarda qui, ho appena passato questo stracazzo di capolavoro assoluto di Picasso senza nemmeno fermarmi, uh guarda là in fondo che intravedo un quadro praticamente fondamentale per lo sviluppo dell'universo a noi conosciuto, uh, forse mi fermerò cinque minuti in preghiera davanti a questo Kandinski, sempre che quel Klee non meriti di più. Uh, guarda "quelle incredibili mele e pere dipinte da Cézanne" che cita Woody Allen in Manhattan.
E domande che ti devi porre di continuo:
- sarà più appropriato vomitare per l'emozione davanti a un Warhol enorme o a due piccolissime statuine filiformi di Modigliani?
- i si noterà di più se, accecato dall'invidia, aggredisco a coltellate un Mirò, un Rauschenberg o un Bacon?
- uh, guarda lì les Demoiselles: quanti Picassi potrò tollerare prima di crollare al suolo in crisi epilettica?
Aspetta che vado a rilassarmi un attimo in questo stanzone che che a prima vista parrebbe vuoto e privo di pietre miliari dell'arte del ventesimo secolo, non fosse per il fottuto capolavoro assoluto di Dance (I) di Matisse che occupa un'intera parete di uno stanzone completamente deserto, cagato da nessuno, e che sta per tramortirmi.
Faticosissimo, il MOMA. Non so mica se ci torno.
5 Commenti:
Svenuta la Guggenheim, scoppiata a piangere al Beaubourg, io in quei posti non ci entro più.
y'know.
Già e due stanze più in la, c'e' pure qusl coso la, quello che sta sul risvolto dei 20 centesimi, quella scultura di quel tale Italiano che si e' fatto ammazzare nella prima guerra mondiale.
Il MoMa è veramente uno shock culturale.E' tutto li dentro.
:-)
Infatti,l'impressione è camminare pensando "ma è qui anche questo?!?". E quando ci sono andato io il Matisse era su per le scale. Giuro :)
una decina di anni fa capitai al Pitti di Firenze. C'erano intere pareti piene di assoluti capolavori, persi nella scarsa luce e nell'orgia di stili delle sale..
Avete 5 giorni di tempo per rimanere annichiliti dai colori di Giuseppe Bellini alla Scuderie del Quirinale.
La più intelligente, perfetta, entusiasmante mostra di arte antica che ho visto.
Finalmente si capisce il colore in tutto il suo splendore.
yeridiani
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