Una Questione di Genere
Qualche giorno fa mi è capitato di scambiare una rapidissima polemichina a botta-e-risposta sui commenti di un altro blog (quale sia non lo dico perché riattizzare la polemica è l'ultima cosa che mi interessa) riguardo al fatto se l'hip hop sia un genere che meriti rispetto o meno. Quello invece che sto facendo in questi giorni è un ragionamento sui gusti, sui generi e sulla critica (non solo musicale, ma limitiamoci).
Anche a me è capitato in passato di esprimere giudizi tranchant su interi generi musicali e cinematografici: vent'anni fa non avrei ascoltato pop da classifica neanche con una pistola alla tempia e dieci anni fa sarei stato disposto a fare un post di fuoco su quanto tutto il country and western (o addirittura tutto il folk) sia merda; tuttora fareste molta fatica a vedermi avvicinare a più di cinque metri dalla sezione di lirica di una qualunque Feltrinelli.
Però se c'è una cosa che so è che vent'anni fa ero giovane e parecchio stupido, dieci anni fa probabilmente pure, e se anche oggi dovessi non esserlo, l'aver conosciuto nel frattempo persone intelligenti che amano la lirica fa sì che non mi avventuri nella personale messa all'indice di un genere che ancora prima di apprezzare so di non capire.
Ma aldilà di un dovuto rispetto per i gusti personali che tenderei a dare per scontato tra persone adulte in regime di democrazia, sento che c'è di più sotto, e cioè il senso di disagio e di imbarazzo nel quale mi mettono le critiche tout-court ai generi e non ai singoli artisti, o ai singoli brani. E' davvero possibile affermare la negazione di un intero genere musicale, aldilà dei gusti personali (che sono appunto del singolo e quindi non generalizzabili, in un senso e nell'altro)?
Ancora di più, se è sicuramente legittimo sostenere che "per me John Denver non è degno del titolo di artista", è altrettanto ragionevole affermare che tutto il country fa schifo solo perché personalmente preferisco un calcio nei denti?
A parte che si cambia ma certe affermazioni restano (vent'anni fa mai avrei creduto che un giorno avrei posseduto un CD che contiene il brano dal titolo "the Last Cowboy Song" che sto ascoltando ora), un genere musicale è un sistema di riferimenti così complesso e vasto - e può essere così legato a culture locali delle quali è probabile che non sappiamo nulla - che ora mi sembra davvero difficile sostenere che una struttura musicale complessa e articolata come un genere, con tutti i suoi riferimenti ritmici e melodici e diversità di percezioni culturali in parti del mondo molto diverse da quella in cui viviamo, possa essere definita "brutta" in modo assoluto, o addirittura relativamente a quello che noi stessi ne penseremo da qui a sei mesi.
Esempio da manuale mi sembra sia l'hip hop, complessa rete di culture e discipline artistiche strettamente autoreferenziale e fortemente legata a stile di vita e tradizioni musicali di un popolo (quello nero metropolitano statunitense) del quale, diciamocelo pure, noi italiani siamo ancora parecchio digiuni. Lo siamo non solo rispetto alle sue radici musicali - qualche decennio di musica nera underground che girava nei ghetti quando da noi al massimo arrivavano il progressive inglese, la disco più sputtanata e i pezzi più melodicamente comprensibili di James Brown - ma rispetto allo stile di vita, alle condizioni sociali e ai condizionamenti culturali che tanta parte hanno nella genesi di quella vastissima rete di relazioni che costituisce il genere musicale che in Italia definiamo riduttivamente rap.
Il rap è ritmica prima che melodia, campionamento prima che strumentazione, soprattutto è scrittura prima che cantato: noi che volenti o nolenti siamo per tradizione e cultura ad anni luce di distanza, possiamo davvero capire senza un minimo di applicazione di che cazzo sta parlando Eminem? I Public Enemy fai fatica a capire cosa dicono anche se hai sotto i testi e sei nato nel Queens.
Se poi conosciamo la lingua ma non ne sappiamo di rime e stili di rappata, di citazioni ritmiche e riferimenti allo stile di vita la questione non è tanto se possiamo davvero essere in grado di apprezzarlo (personalmente non vedo perché no); ma se siamo in grado di dichiararlo cattiva musica con cognizione di causa.
Visto che parliamo di sistemi di riferimento, immagino che questo valga per l'hip hop ma probabilmente anche per il folk tradizionale neozelandese, per il free jazz o per l'europeissima classica contemporanea informale, che nasce ben prima dell'hip hop ma rappresenta tuttora un mistero ben più insondabile per l'orecchio medio). E forse tutto ciò fa della faccenda una questione di strumenti di cui disponiamo per capire, prima che di gusti. Poi se capire sia necessario per apprezzare è una deriva del discorso che francamente non so se sia nelle mie competenze.
C'è anche un altro discorso, e cioè che magari potrebbe sorgere il dubbio che i milioni di persone che ascoltano un dato genere musicale forse non saranno milioni di cretini. Ma qui non vorrei cadere acriticamente nell'estremizzazione opposta secondo la quale chiunque venda dischi trova nel riconoscimento del mercato una legittimazione artistica; d'altra parte, avendo visto le Lollipop cantare a Sanremo sarebbe una posizione difficilmente sostenibile di fronte alla mia coscienza. Ma qualcosa di vero c'è, se non fosse che qui sento arrivare un abusato e logoro (oltre che fuori luogo) detto popolare sulle mosche e la merda che preferisco evitare di suscitare.

Certo è che prendi un sciur Brambilla a caso e chiedigli che immagine ha del folk pakistano e se sarebbe interessato ad ascoltarlo, e vedi che ti risponde. Però poi se il sciur Brambilla lo porti a Katmandu e lo metti davanti a Nusrat Fateh Ali Kahn che canta dal vivo, secondo me (oltre, sospetto, a cambiare idea) a quel punto avrà qualche motivazione e strumento in più per esprimere un giudizio sul folk pakistano. Ma non vedo nessuna situazione nella quale potrebbe avere buone ragioni (magari evito di tirare in ballo i diritti e l'onestà intellettuale) per affermare che il folk pakistano è cattiva musica. Se poi è stato in Pakistan ci sono maggiori probabilità che non abbia la tentazione di farlo, ma questo è secondario.
Questo a meno che il sciur Brambilla non sia un fervente sostenitore del Bossi, nel qual caso probabilmente ti risponderebbe che quegli straccioni farebbero meglio a rimboccarsi le maniche e mettere su una bella fabbrichetta (giuro: per il Brambilla le fabbriche della Brianza sono esteticamente belle) invece di miagolare quelle nenie senza senso. Ma qui mi vedo scivolare pericolosamente verso una generalizzazione che ho appena stigmatizzato, quindi meglio che la chiuda qui e me ne vada a dormire.
Della apparentemente ripugnante etica gangster che sfoggiano i signori qui sopra magari disquisisco un'altra volta, che è un discorso lungo pure lì.
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