Culture Sovradimensionate e Tecnologie Sottodimensionate, ovvero il Power Shortage nella società dell'unlimited supply
Titolo volutamente cialtrone per una considerazione fluttuatami in testa mentre pedalavo sotto al solleone: a seguito di due fatti odierni (l'interruzione della fornitura elettrica a Milano e la difficoltà di seguire lo streaming del convegno per inadeguatezza di segnale - ma forse dovrei dire banda), ragionavo sul fatto che in qualche modo queste inaccessibilità a servizi che consideriamo essenziali (la banda per l'internettaro, l'elettricità per tutti) potrebbero fare vacillare la nostra sicurezza di vivere in una società che ha abbracciato la cultura dell'Unlimited Supply, costruendo la propria credibilità e ragion d'essere sulla disponibilità di qualunque prodotto/servizio a disposizione di chiunque, in qualunque momento. E poi dimostra di essere sempre meno in grado di sostenerla.
Voglio dire, senza tirare fuori la questione delle speculazioni finanziare fallimentari e degli sprechi in comunicazione mirata agli azionisti (vedi caso Enron, ma perché no Enel), se una società non è in grado di sostenere le infrastrutture necessarie a supportare i consumi - nonché, aggiungerei, i danni causati dai consumi stessi - forse è il caso di rivedere un attimo il modello di sviluppo, prima di lanciarsi sulla campagna di marketing della next thing centralizzata che consuma il doppio del modello precedente.
Ovvero, e qui arriva il messaggio luddista e antimodernista, decentralizzazione invece che accentramento dei servizi: sì agli hot spot disseminati a macchia di leopardo, no alla banda larga politicamente appaltata a un solo soggetto; sì alla produzione individuale di energia col solare, no fornitura elettrica monopolista che quando crasha restano tutti al buio.
E poi sì alla bici autopropulsa e no ai SUV alimentati a guerre sante, e via di non sequitur (non sequita?).
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